“Sono fisicamente e mentalmente esausto, non ne posso più di stare qui e mi deprimo ad ogni tappa importante dell’anno accademico mentre sono qui invece che con i miei amici a Bologna”. Queste le parole che Patrick Zaky, attivista e ricercatore egiziano di 27 anni iscritto al master Gemma dell’Università di Bologna arrestato in Egitto il 6 febbraio scorso, ha rivolto alla madre nel corso di una visita avvenuta sabato 19 dicembre nel carcere di Tora, dove lo studente è detenuto da oltre 10 mesi.
Una visita “che ci ha spezzato il cuore”, ha raccontato la famiglia in una dichiarazione diffusa su Facebook dalla rete di attivisti che ne chiede la liberazione. Le parole scambiate durante il colloquio in carcere hanno colpito nel profondo i genitori di Patrick Zaky, coscienti che allo stato attuale non sono in grado di aiutare il figlio travolto da una situazione straziante.
“Raramente esco dalla mia cella durante il giorno” ha raccontato il ricercatore egiziano che non si capacita il motivo per cui si trova rinchiuso in cella. “Non voglio affrontare la realtà per cui posso andare a camminare su e giù nel raggio di pochi metri, per poi essere rinchiuso di nuovo in una cella ancora più piccola” ha spiegato.
La famiglia ribadisce l’innocenza del figlio, un brillante ricercatore che stava lavorando con dedizione per ottenere il master e dopo averlo conseguito pensava poi di proseguire il dottorato di ricerca, e lancia un appello per il suo immediato rilascio: “Ora come ora, il suo futuro è completamente incerto; – denunciano – non sappiamo quando sarà in grado di continuare gli studi, di lavorare e persino di tornare alla sua vita sociale, un tempo ricca. Restituiteci nostro figlio e restituiteci le nostre vite.”
Venerdì scorso anche Emma Petitti, presidente dell’Assemblea legislativa del Tecnopolo di Bologna, in concomitanza della visita in loco del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, aveva colto l’occasione per inviare un appello epistolare al governo e titolare della Farnesina invitandolo ad “insistere perché Patrick possa tornare alla sua vita e tra i banchi dell’Ateneo bolognese, e per questo dobbiamo mettere in campo ogni sforzo possibile per chiedere, con maggiore incisività e pressione, la giustizia che tutti aspettiamo.”
“I diritti umani sono inalienabili e non possono essere messi a repentaglio da regimi che calpestano la dignità e la libertà delle persone, in violazione di qualsiasi principio democratico” ha sottolineato Petitti, secondo cui servono “azioni forti e coraggiose da parte dello Stato italiano che prevedano anche un ripensamento dei rapporti istituzionali e commerciali con l’Egitto, compreso il ritiro dell’Ambasciatore italiano in Egitto”.
Carlo Saccomando