Oggi il quotidiano La Verità ha riferito il contenuto di alcune chat di WhatsApp tra magistrati nel quale si fa esplicitamente riferimento al leader leghista: “Salvini ha ragione ma dobbiamo attaccarlo, Salvini sull’immigrazione ha la gente con sé ma dobbiamo fermarlo, Salvini è una merda“.
Una scoperta che non ha lasciato indifferente Salvini, il quel dai suoi profili social ha commentato: “Mi chiedo se tutto ciò sia normale per un Paese libero e democratico. In qualunque altro Paese al mondo si sarebbe aperto un dibattito nazionale, ma se ad essere definito una me*** (che va fermata) è un ministro della Lega… tutto bene!!!“
Le chat pubblicate risalgono all’agosto di due anni fa, quando Salvini era ancora in carica come ministro dell’Interno, in cui Paolo Auriemma, capo della Procura di Viterbo, e Luca Palamara, leader della corrente di Unicost, avrebbero ammesso che l’allora titolare del Viminale non stava facendo niente di sbagliato ma che doveva essere attaccato.
In una chat Auriemma, rivolgendosi al collega Palamara, è molto dubbioso su quanto stava accadendo nell’agosto del 2018: ”Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entri la Procura di Agrigento”. In fondo al messaggio la raccomandazione di non diffondere il contenuto del testo. La risposta di Palamara arriva quasi subito: ”Hai ragione. Ma adesso bisogna attaccarlo”. Auriemma è talmente titubante sulle accuse mosse al ‘capitano’ da arrivare a scrivere: ”Indagato per non aver permesso l’ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili. Indifendibili”.
Il numero uno del ‘Carroccio’ si è domandato, e nello stesso tempo ha domandato agli italiani, se fosse normale che coloro i quali hanno il compito di amministrare la giustizia per conto del popolo italiano utilizzi un tale turpiloquio nei confronti di un ministro della Repubblica (all’epoca dei messaggi) e cittadino italiano. E accusa la sinistra “così garantista con tutti” di non aver spero una parola sulla vicenda.
Carlo Saccomando