La scrittrice trecatese ci racconta il suo viaggio sentimentale tra i locali di Milano
Valeria Carbone aveva un obiettivo: reinterpretare in un suo libro, utilizzando gli aperitivi, la città di Milano all’inizio del terzo millennio. Senza ombra di dubbio ha raggiunto lo scopo. “Aperitivi urbani” (Mondadori Electa), questo è il titolo del lavoro letterario, offre al lettore una rivisitazione della capitale della Lombardia e permette di cogliere nelle sue caratteristiche essenziali la metropoli con una specificità non secondaria, né marginale.
La scrittrice infatti nel presentare Milano non usa un linguaggio eccessivamente descrittivo, non indugia sui particolari, corre veloce nella presentazione della città anche perché sa che l’uomo contemporaneo ha i minuti contati, quindi ha il tempo appena sufficiente per avvertire l’importanza e il significato di quanto gli viene proposto.
Il lettore, del resto, noterà – ed è questo un elemento ricorrente – che quanto viene presentato non è mai descritto in termini analitici. A volte in poche righe viene richiamato ora un museo, ora una chiesa, ora una pinacoteca. Ridotti all’essenziale, all’indispensabile sono i termini usati. Una simile impostazione potrebbe far pensare ad un lavoro arido, freddo, privo di calore, perché spesso si è portati a ritenere che una prosa troppo sintetica elimini la descrizione di affetti e sentimenti.
Nell’opera di Valeria Carbone questa situazione di freddezza è invece decisamente scartata. Del resto già il sottotitolo subito crea un legame particolare con il lettore: Viaggio sentimentale tra i locali di Milano, con quel “sentimentale” che è tutto un programma, perché avvisa il lettore e lo indirizza ad esaminare il contenuto del libro usando non solo la mente, la fredda ragione, ma anche il cuore, che con i suoi battiti sa cogliere anche gli aspetti che l’arido ragionamento non sa comprendere fino in fondo.
Non è tutto. Quel “sentimentale” fa sì capire all’interlocutore che ha tra le mani un libro, che non ha solo dei caratteri grafici da interpretare; dietro a quei caratteri c’è il cuore di chi ha scritto il libro e c’è la proposta di condivisione del percorso che il lettore, se vorrà, potrà fare con lei. In parole semplici, non una descrizione burocratica, ma una descrizione partecipata, perché accompagnata dai sentimenti dell’autrice.
Tutto questo compare in ogni pagina, e in modo particolare, quando invita il suo interlocutore a visitare qualche monumento, qualche galleria o quando cita qualche personaggio. In quest’ultimo caso sembra quasi presentarlo al lettore come del resto si fa nel bere un aperitivo tra persone che si incontrano la prima volta o tra commensali in un ristorante.
Fatta questa premessa, vediamo, con qualche rapido schizzo, di presentare Valeria Carbone e il suo libro.
È indispensabile fare qualche cenno biografico sull’autrice. Valeria Carbone non è originaria di Milano, nasce infatti a Trecate, ma nel capoluogo lombardo, dopo il liceo frequentato a Novara, non solo ha compiuto gli studi universitari – laureandosi alla Cattolica in Economia e Gestione dei beni artistici e culturali – ma ha iniziato la sua professione, che la vede nella città meneghina ancora occupata. Dopo tutti questi anni si può ben considerare milanese di adozione.
Nelle pagine del suo libro, del resto, si ricava la prova della seduzione di Milano nei suoi confronti. Emerge infatti in ogni riga il suo forte legame con la comunità milanese, della quale parla sempre usando toni ed espressioni che sono tipici, di cui avverte sentimenti profondi. Non a caso, come abbiamo già accennato, nel sottotitolo domina l’aggettivo “sentimentale” e noi sappiamo che quando un viaggio è sentimentale, come insegnano illustri letterari, è un percorso costruito con il cuore.
L’attività professionale, che svolge, nella sostanza porta la scrittrice non solo a guardare il mondo che la circondano con occhio benevolo, ma la porta a cogliere lo spirito delle cose che la circondano e la portano anche ad innamorarsi dell’ambiente nel quale sono inserite. Il lavoro quotidiano ha pure raffinato quella sensibilità che naturalmente possiede e quindi l’ha fatta diventare una fine e colta intenditrice.
Aggiungo una curiosità che può sembrare di poco conto, ma banale non è. Valeria Carbone dice che, in omaggio alla sua passione per gli aperitivi – comunque mai aperitivi di mediocre qualità, ma sempre “cittadini” e quindi urbani – i conoscenti e gli amici la chiamano “Ape” – espressione abbreviata di aperitivo – ovviamente per sottolineare questo suo culto per la nobile bevanda.
In effetti la parola indica anche un essere vivente che ha una caratteristica, quella di saper scegliere i fiori dai quali ricavare ciò che serve per il suo laborioso impegno nella produzione del miele. Ben si addice, leggendo il suo libro, questo appellativo alla scrittrice, perché nelle sue pagine non richiama tutti i locali, ma compie una scelta attenta per garantire al lettore segnalazioni di livello.
Nelle quasi duecento pagine del volume si trovano gli elementi che servono a descrivere e a mettere in luce le caratteristiche di Milano, con un obiettivo che merita di essere sottolineato: far conoscere la città da un punto di vista essenziale, lasciando da parte tutto ciò che non ha una specifica importanza.
Di lavori che in modo banale presentano la città sono pieni gli scaffali delle librerie. Valeria sceglie, e sa scegliere in modo intelligente, senza perdersi per strada. Cadono sotto i colpi delle sue forbici censorie tutte le parti di Milano che non sono essenziali per capire la città. In questo modo il lettore – e questa è la prova di quanto in precedenza affermato – sa di non perdere tempo in visite inutili e quindi per alcuni aspetti si lascia catturare non solo dalla capitale lombarda, ma anche dall’autrice e in lei ripone la sua fiducia, ovviamente segnandola nelle sue proposte.
Chi legge trova allora nel libro tutta una serie di indicazioni che spaziano sia dal punto di vista temporale sia dal punto di vista settoriale. Dal punto di vista temporale perché sono citate opere, capolavori, costruzioni di tutte le epoche. Nel libro infatti rivivono passato e presente. Accanto al richiamo di resti romani vengono poste e descritte opere contemporanee, accanto a una serie di nomi di chiese paleocristiane vi sono puntuali cenni a costruzioni novecentesche di Gae Aulenti e di altri architetti contemporanei.
Si passa infatti – per fare un esempio – dalle citazioni delle opere del quartiere Duomo e Sant’Ambrogio a quelle del quartiere NoLo, ovvero quartiere Loreto. Si avverte in queste descrizioni un fremito del tutto particolare. L’autrice sente nel sangue scorrere la “milanesità” al punto tale da indicare per Milano pure delle prospettive che potrebbero realizzarsi. Il passato ed il presente di Milano per Valeria Carbone hanno un senso forte in quanto possono servire a proiettare la metropoli nel futuro .
Il libro si articola in varie parti, diremmo noi in vari capitoli. Per la verità Valeria Carbone li numera senza chiamarli così. Sono sedici, uno per quartiere. Delle zone si segnano le caratteristiche essenziali, sia da un punto di vista storico che artistico. E soprattutto, per restare fedele all’Ape, ampio spazio è dedicato agli “aperitivi urbani”. Anche questa scelta, questa ricerca rappresenta un aspetto che senza ombra di dubbio può essere definita “espressione di cultura”. Diciamo questo perché siamo profondamente convinti che la cultura in senso generale abbia un orizzonte assai vasto, che comprende un notevole numero di settori e che solo una loro conoscenza complessiva genera veramente cultura.
Del resto la parola cultura – che ha le sue radici nel verbo latino “colere” – con il corrispondente italiano “crescere” – sta ad indicare l’attività del conoscere per crescere da un punto di vista della capacità di capire ciò che ci circonda. Valeria Carbone offre un’occasione per aumentare la cultura e quindi la conoscenza personale.
Sono 16 i quartieri: NoLo (Loreto), Porta Vittoria, Navigli, Porta Vercellina, Isola-Porta Nuova, San Siro-City life, Porta Venezia, Sant’Ambrogio, Centrale-Repubblica, Duomo, China Town, Porta Romana, Dergano-Bovisa, Brera-Sempione, Lambrate-Ortica-Piola. Di questi quartieri sono stati individuati gli aspetti più caratteristici e nelle pagine del libro sono stati richiamati tutti questi aspetti. Nelle righe di Valeria Carbone rivive ogni luogo per quello che è e soprattutto per quello che ha da dire al lettore e al futuro potenziale visitatore.
Guardando il libro inoltre si scopre che l’autrice ha usato per tutti lo stesso trattamento. Possiamo dire una par condicio letteraria. A tutti i 16 quartieri è stato dedicato lo stesso spazio. Ne emerge una puntuale descrizione geometrica: stesso spazio, stessa scansione, ma in ognuno di questi spazi c’è un pezzo di cuore e di sensibilità, per certi aspetti anche diversa, ma con un denominatore comune: l’affetto che chi scrive dimostra di provare. Il lettore dunque troverà per ogni quartiere – e uso la parola quartiere per indicare una parte di quella enorme metropoli che è Milano – un pezzo iniziale, che introduce, che vuole far cogliere cioè l’atmosfera della zona, individuando a volte la spiegazione del nome, altre volte i richiami storici, altre volte ancora le valutazioni fatte dagli abitanti delle vie per caratterizzarsi.
Segue poi una seconda parte che serve a prendere per la gola il lettore. Le analisi descrittive degli aperitivi e dei locali dove si possono gustare mirano ad un obiettivo: catturare il lettore per portarlo negli ambienti della seduzione. Pure questa impostazione ha dell’artistico; si presenta con una forma originale ed accattivante: alcune caratteristiche di quanto viene proposto sono esplicitamente espresse , altre lasciate all’immaginazione dell’interlocutore, con quel sottile fascino che deriva dal mistero.
Nella terza parte infine, dal titolo efficace e non impegnativo “Due passi per…”, si evidenzia la scelta culturale di Valeria Carbone: è un invito a visitare alcuni spazi dei quartieri. In questa sezione, dalle proposte dell’autrice si scoprono i suoi gusti e i suoi gusti personali. Innanzitutto si può dire che la sua cultura merita rispetto ed attenzione. Merita rispetto perché le sue conoscenze sono ampie e sotto molti punti di vista approfondite. Con poche parole infatti presenta le sue idee riferite alle opere da prendere in considerazione. Nel fare queste scelte – in quanto non mette tutte le opere sullo stesso piano – dimostra la sua capacità di creare scale di valori e quindi di individuare delle priorità.
In secondo luogo dà prova della sua conoscenza storica, che spesso usa anche per spiegare alcune denominazioni attuali. Sa cioè usare avvenimenti del passato per dare significato alle terminologie usate dai contemporanei. Dalle proposte inserite in questa parte, emerge infine il suo spiccato senso di cultura ambientale. Ne parla sempre con grande simpatia. E questa è la prova della sua vocazione ambientale.
Prof. Franco Peretti
Cultore di storia territoriale