Non si placa la polemica nei confronti dell’ultimo DPCM e della circolare interpretativa del 7 novembre fornita dal Consiglio degli interni relativamente all’interpretazione dell’art 3 dell’allegato 23 del Decreto del 3/11/2020 che vede esclusi da oggi giovedì 12 novembre sui mercati rionali delle zone rosse gli ambulanti che vendono prodotti non alimentari.
Domenica prossima, 15 novembre alle 15:30, a Torino è indetta una manifestazione in Piazza Castello che ha lo scopo di chiedere equità e rispetto al Governo per quei lavoratori che pur vendendo i medesimi prodotti indicati nella lista suddetta, oggi si vedono costretti a chiudere la propria attività.
Per loro, infatti, che non hanno un negozio al dettaglio, l’allegato 23 pare non bastare a ‘graziarli’. Abbiamo deciso di intervistare un ambulante, Davide C, classe 81, che risiede in Piemonte, considerata zona rossa, al fine di comprendere come vivono tale differenza di trattamento insite nell’ultimo DPCM e quali sono le richieste che intendono fare al Governo. Eccovi le sue parole:
Che idea si é fatto del DPCM e delle interpretazioni fornite relativamente all’allegato 23, crede sia corretto per limitare la diffusione del virus oppure che siano state adottate due pesi e due misure tra ambulanti e commercianti dei negozi al dettaglio?
Personalmente ritengo che l’ultimo DPCM e la sua rigorosa applicazione alla realtà del commercio ambulante non aiuterà certo a contenere i contagi. In primo luogo perché le attività vengono svolte all’aria aperta e, come già avvenuto durante la fase 2 a maggio e giugno, contingentando gli ingressi ci sarebbe un rischio di assembramento minore rispetto a qualsiasi altra attività commerciale. Inoltre nel caso dei mercati è possibile monitorare costantemente la situazione da parte delle autorità preposte, cosa impossibile in un centro commerciale, grande o piccolo che sia.
Inoltre si andrebbe a privare il territorio di servizi diffusi capillarmente senza i quali i cittadini saranno costretti a percorrere km in auto o sui mezzi pubblici (dove rischio di contagio è elevato anche dimezzando la capienza) per soddisfare le loro necessità. Per rispondere alla sua domanda ritengo che si stiano usando 2 pesi e 2 misure un po’ come in primavera tra commercio fisso e GDO e commercio ambulante, ma c’è di peggio: è lo stesso allegato 23 al DPCM a consentire una concorrenza sleale in favore dei primi.
Nella circolare del 7 novembre 2020 si legge altresì rivolgendosi proprio agli ambulanti esclusi: “Al fine di mitigare gli effetti delle chiusure, la Città ha preposto che i fiorai possano svolgere l’attività alla domenica e al pomeriggio, le aree di copertura commerciale ( cioè quei gruppi di posteggi in numero massimo di sei non classificati come mercati) potranno essere invece utilizzati dai non alimentari che fanno parte dell’allegato 23″. A suo avviso tale disposizione servirà davvero a ‘salvare il salvabile ‘o sembra l’ennesima beffa ai danni degli ambulanti?
Per quanto riguarda l’utilizzo delle aree di copertura commerciale per i non alimentari stiamo parlando di poche decine di stalli in aree per lo più periferiche e lontane dalla clientela abituale per migliaia di ambulanti. Mi pare evidente come questa non possa essere una soluzione anche solo palliativa, quanto piuttosto solo l’ennesima dimostrazione di buona volontà da parte dell’amministrazione comunale.
Domenica 15 Novembre alle ore 15:30 in piazza Castello A Torino é prevista una manifestazione pacifica, nel volantino si legge ‘Tutte le categorie d’impresa scendono in piazza’. Può dirci quali sono gli obiettivi, da chi è stata proposta e cosa contate di ottenere?
La manifestazione di domenica, organizzata dai sindacati degli ambulanti (Goia, Ubat) ha come obiettivo quello di rendere visibili quelli che a tutti gli effetti sono cittadini di serie B e che hanno dovuto sostenere il maggior peso economico di questa crisi. Inoltre si spera di essere ricevuti ed ascoltati a Roma per capire chi effettivamente abbia scritto un DPCM così discriminatorio nei confronti di alcune categorie di lavoratori e se ciò sia dovuto ad incompetenza o interessi di parte. Infine vorremmo capire fino a quando ci sarà impedito di lavorare e quali forme di indennizzo saranno previste.
Su quest’ultimo punto ci terrei a precisare che io personalmente non scendo in piazza per richiedere un’elemosina, ma per difendere il mio posto di lavoro, voglio solo poter lavorare per poter mantenere la mia famiglia e supportare, con le tasse che pago, le casse pubbliche anziché essere un peso per la comunità. Vengo da una famiglia di ambulanti e sono abituato a rimboccarmi le maniche per superare le difficoltà anziché aspettare che qualcuno mi risolva i problemi.
Se le fosse data la possibilità di rivolgersi direttamente a Conte ed al Governo che hanno redatto l’ultimo DPCM, cosa vorrebbe loro chiedere o semplicemente far notare?
Agli autori del DPCM avrei tante domande da porre: perché ad un certo punto, dopo la fase 2, sia stato tolto l’obbligo di uso delle mascherine? Perché non si sia predisposto un piano per affrontare la seconda ondata? (Ad esempio a Torino il reparto di terapia sub-intensiva alle OGR è stato smantellato proprio tra agosto e settembre). Perché non potenziare il trasporto pubblico ed il controllo del territorio ricorrendo anche a risorse dell’esercito? Qui si tratta di una sola questione, se vogliamo sintetizzare: è mancato il senso di responsabilità da parte di tutti. In questi mesi, l’ho constatato di persona, vi è stata davvero poca attenzione nei confronti del prossimo. Da questa situazione, ne sono sempre più convinto, potremmo uscirne solo ‘combattendo’ insieme ed essendo collaborativi e non a colpi di DPCM.
Ringraziamo Davide C. per il tempo dedicatoci e per questa preziosa e articolata intervista che ci ha concesso, confidiamo le sue parole possano arrivare al Governo affinché si trovino soluzioni ad hoc per una categoria di lavoratori già duramente provati dal primo lockdown.
Erica Venditti