ISTANBUL. È iniziata la consegna alla Turchia del primo lotto del sistema missilistico russo di difesa antiaerea S-400, fortemente avversata dagli Stati Uniti. Lo ha annunciato il ministero della Difesa di Ankara.
“La consegna del primo gruppo di equipaggiamenti del sistema S-400 alla base aerea di Murted ad Ankara è cominciata con successo“, scrive in una nota la Difesa. L’acquisto da parte della Turchia ha suscitato una dura reazione degli Usa, che hanno minacciato di imporle sanzioni ed escluderla dal programma dei cacciabombardieri F-35, di cui Ankara vorrebbe acquisire oltre cento esemplari.
Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha difeso la decisione, sostenendo che serve a garantire la sicurezza nazionale ed è stata presa alla luce della sovranità del Paese. L’S-400 (per la Nato SA-21 Glowler) è un sistema missilistico mobile terra-aria, in grado di ingaggiare aerei, Uav, missili da crociera, e dotato di una dichiarata capacità di difesa terminale dai missili balistici (cioè nella fase finale della loro traiettoria, quella in cui è più difficile e pericoloso colpirli). Rappresenta la quarta generazione di sistemi di difesa missilistica russa, comparabile al Patriot americano. Già dispiegato in Siria, presso la base di Tartus, e in Crimea, il sistema è utilizzato con funzioni di A2AD (sigla che sta ad indicare Anti-Access-Area-Denial) per il controllo e la difesa dello spazio aereo volto ad annullare la proiezione di strumenti militari da parte di attori esterni.
Come riporta il Center for strategic and international studies (Csis), l’S-400 monta generalmente i missili 48N6, capaci di colpire fino a 250 chilometri e di intercettare un missile balistico in un raggio di 6o chilometri. Gli 77N6 e i 40N6 sarebbero ancora in fase di test e consentirebbero di aumentare tali raggi d’azione fino a 400 km con tecnologia hit to kill (esplosione all’impatto, garantisce maggiore efficacia). L’annuncio di una prima intesa sulla vendita del sistema era stato dato lo scorso settembre e aveva generato una serie di piccate reazioni da Washington e Bruxelles. “Sono impazziti perché abbiamo fatto l’accordo sugli S-400, ma cosa dovremmo fare, aspettare? Prendiamo e prenderemo tutte le misure necessarie sul fronte della sicurezza”, aveva detto già allora il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
A ottobre, il presidente del Comitato militare della Nato Petr Pavel aveva annunciato “conseguenze necessarie” nel caso in cui l’accordo fosse concluso. “Il principio di sovranità certamente esiste relativamente all’acquisizione di equipaggiamenti per la difesa – aveva detto Pavel –, ma così come le nazioni sono sovrane nelle proprie decisioni, allo stesso modo sono sovrane nell’affrontare le conseguenze di tali decisioni”. I problemi sollevati dal generale ceco riguardavano soprattutto l’impossibilità di stabilire l’interoperabilità tra i sistemi Nato e il sistema russo, fattore che “creerebbe sfide per gli assetti alleati potenzialmente dispiegati nel territorio del Paese”.
A metà novembre poi, Heidi Grant, vice sottosegretario dell’Usaf per gli affari internazionali, aveva aggiunto a DefenseNews: “Al momento, posso dire che le nostre politiche non ci permettono di essere interoperabili con quel sistema”. A complicare la questione c’è la prevista consegna degli F-35 alla Turchia nel 2018. L’acquisizione dell’S-400 creerebbe problemi per l’utilizzo turco del caccia di quinta generazione. Ankara si troverebbe a gestire sia l’S-400 sia l’F-35. Il problema, spiegato proprio da DefenseNews, è che qualsiasi dato raccolto dal sistema di difesa aerea e ottenuto dalla Russia potrebbe andare a danno delle preziose informazioni del Joint Strike Fighter, i cui principali punti di forza sono le capacità di furtività e fusione dei dati.
Giuseppe Muri