In giapponese tsunami significa maremoto, e il 5 novembre si celebra la “Giornata mondiale della consapevolezza sugli tsunami”, in quanto negli ultimi 100 anni oltre 260mila persone sono state vittime di tale fenomeno, che non conosce confini. I rischi per quanto riguarda il mar Mediterraneo sono rilevati dal Centro per l’allerta tsunami (Cat) dell’Ingv, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che stima i tempi di arrivo delle onde e i tratti costieri potenzialmente interessati. La collaborazione si estende all’Ispra, Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, e al Dpc (il Dipartimento Protezione Civile) per estendere l’allarme.
Come spiegato dal meteorologo Mario Giuliacci, quando i terremoti scuotono i fondali marini o il sottosuolo dei continenti nelle aree costiere, può scatenarsi il maremoto, noto anche come tsunami: una vera e propria onda che anima l’intera colonna marina e che, una volta raggiunta la costa, causa un notevole innalzamento del livello marino capace di spingere l’acqua del mare nell’entroterra anche per diversi chilometri. Nel 2017 una Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri ha istituito il Siam, Sistema d’allertamento nazionale per i maremoti di origine sismica, coordinato dal Dpc, con Ingv e l’Ispra. Nel caso del terremoto di Zante del 2018, con maremoto nel mar Ionio orientale, la prima allerta è stata diramata dal Cat dopo circa otto minuti dal tempo origine dell’evento sismico. C’era tensione per l’Italia, in cui le due regioni maggiormente a rischio sono Calabria e Sicilia, e le prime rilevazioni mareografiche mostravano l’arrivo delle prime onde di tsunami in Calabria e Puglia dopo quasi un’ora dal terremoto.
Il 10 ottobre 2018 è stato rinnovato l’accordo di collaborazione tra l’Ispra e il Jrc, il Centro comune di ricerca della Commissione europea per la prevenzione e la mitigazione del rischio da maremoto nel mar Mediterraneo. L’accordo, che ha una durata di 5 anni, riguarda l’istallazione di strumenti per la misurazione dell’innalzamento del livello del mare nel bacino del Mediterraneo a seguito di un evento sismico, la condivisione dei dati rilevati dalla rete mareografica dell’Ispra, lo sviluppo e la sperimentazione di nuove boe dotate di sistema Gps, e l’addestramento di personale per eseguire programmi di sviluppo operativo del sistema di allertamento per il rischio da maremoto.
Lo tsunami più potente della storia estinse i dinosauri. Un team di scienziati di tre atenei americani, Michigan, Mit, e Princeton, ha studiato le ondate seguite all’impatto sulla terra di “Chicxclub”, l’asteroide di 14 chilometri che si schiantò su quella che oggi è la Penisola dello Yucatan in Messico, provocando, 66 milioni di anni fa, onde alte un chilometro e mezzo. In un cratere di 180 chilometri “Le acque dell’oceano si riversarono con violenza inaudita nell’immensa depressione, per ritirarsi immediatamente e velocemente”, si ricordò alla conferenza dell’American Geophysical Union. Seguirono onde violente propagate attraverso gli oceani di tutto il mondo, che deformarono la crosta terrestre, e provocarono terremoti ed eruzioni vulcaniche su scala mondiale.