La ragazza romana è detenuta in un carcere di Tehran. È riuscita a contattare la famiglia e ha raccontato di essere stata arrestata poco prima di festeggiare il suo compleanno.
In queste ore la Farnesina è al lavoro per occuparsi di un caso che riguarda una cittadina italiana, Alessia Piperno, arrestata a Tehran proprio il giorno in cui avrebbe compiuto 30 anni. A dare la notizia sono stati i genitori, che hanno riferito di aver ricevuto una telefonata della figlia in lacrime: “Vi prego aiutatemi, temo di non uscire più“. La Farnesina sta seguendo il caso con l’Ambasciata italiana a Teheran, ma al momento non sarebbe stato ancora possibile individuare il carcere in cui la donna è reclusa.
La famiglia della giovane ha lanciato un appello sui social. Alessia, scrivono i genitori e il fratello David, “è una viaggiatrice solitaria, gira il mondo per conoscere usi e costumi dei popoli. Si è sempre adeguata e rispettato le tradizioni e, in certi casi, gli obblighi, di ogni paese che ha visitato“. Non si avevano più sue notizie dal 28 settembre, giorno del suo compleanno, poi la chiamata: “Era lei che piangendo ci avvisava che era in prigione. A Teheran. In Iran. Era stata arrestata dalla polizia insieme a dei suoi amici mentre si accingeva a festeggiare il suo compleanno. Sono state solo poche parole ma disperate. Chiedeva aiuto“.
Si tratta di una situazione molto delicata visto e considerato che l’Iran nell’ultimo periodo sta vivendo momenti di alta tensione causati in particolar modo dalla morte della giovane Mahsa Amini. La 22enne iraniana è arrestata il 16 settembre scorso dalla polizia religiosa per non aver indossato l’hijab in modo non adeguato ed è deceduta in circostanze sospette. Testimoni oculari accusano la polizia di aver pestato a morte la ragazza, motivo per il quale si sono scatenate diverse proteste nel Paese, quest’ultime represse in maniera violenza dalla polizia e che hanno causato qualche giorno fa la morte di almeno 92 persone.
E pensare che il 20 settembre scorso Alessia aveva pubblicato una foto su Instagram nella quale era stata immortalata di spalle mentre camminava su un lago di sale rosa, vicino Shiraz, correlata da un lungo post in cui esprimeva la propria opinione sulla vicenda relativa a Mahsa Amini. Che possa essere stato anche questo commento tra i motivi dell’arresto?
“Ragazza ventiduenne uccisa dalla polizia iraniana, perché non indossava correttamente l’hijab. La verità è che quella ragazza avrei potuto essere io, o la mia amica Hanieh, o una di quelle donne che ho incontrato durante questo viaggio. Hijab in Iran non è sinonimo di religione, bensì è sinonimo di governo. Ogni donna deve privarsi della sua femminilità, nascondere quei bei lineamenti del volto e le forme del proprio corpo, per non rischiare di finire in prigione, o peggio ancora, di essere frustata per 70 volte”.
Sono cresciuta credendo che queste cose accadevano in una terra lontana dalla mia, e che non mi avrebbero mai toccata. Ma ora che sono qui da più di due mesi, mi sento parte di tutto ciò, mi sento parte di queste ragazze che lottano per i loro diritti, che manifestano per la loro libertà, ma che alla fine sono costrette a nascondersi in un punto cieco. Ieri migliaia di persone si sono riunite nelle grandi piazze di tantissime città dell’Iran, per protestare, perché non si può morire a 22 anni per non aver indossato correttamente un hijab. Perché prima ancora di essere donne, siamo esseri umani“.
“E non può morire il desiderio di sentirsi libere, libere di ballare, di cantare sotto le stelle, libere di correre con i capelli al vento, lanciando i veli al cielo. Qui esistono fiabe che vivono nei cuori delle ragazze, nelle storie che scorrono nelle loro menti, in attesa di emergere un giorno nella vita reale. Tu donna iraniana meriti ogni parte di felicità, ogni sorriso che c’è là fuori, ogni danza che c’è nell’universo e ogni gioia contenuta nel tuo cuore. Con l’augurio che ogni fiaba che vive nella vostra mente un giorno diventi realtà, come lo siete voi“.