Nel 2020 il valore aggiunto generato dai lavoratori stranieri in Italia, tra cui la comunità romena, è stato pari a 146,7 miliardi di euro, equivalente al 9,5% del PIL
IDOS e Istituto di Studi Politici “S. Pio V” (ISPSPV) hanno presentato il 16 dicembre il libro “Radici a metà. Trent’anni di immigrazione romena in Italia”, uno studio che analizza l’immigrazione romena in Italia, dai numeri alle decisioni politiche che riguardano la più numerosa comunità di stranieri in Italia. In questo arco di tempo i rapporti tra i romeni e la politica italiana non sono stati sempre sereni.
Il Centro Studi e Ricerche IDOS, fondato da studiosi legati all’opera di servizio della Caritas affronta da decenni l’aspetto dell’immigrazione nella prospettiva delle storie oltre i numeri non tralasciando i numeri che fanno statistica. Attualmente è l’organizzazione più autorevole in maniera di panoramica sulla migrazione in Italia, ma anche riguardante gli italiani emigrati all’estero.
Per il più recente studio, “Radici a metà. Trent’anni di immigrazione romena in Italia” IDOS ha collaborato con l’Istituto di Studi Politici S. Pio V. Al convegno, hanno partecipato, tra i tanti ospiti, Dan Fulga, Consigliere diplomatico e Capo sezione consolare dell’Ambasciata di Romania in Italia , Paolo De Nardis il presidente del ISP S. PIO V, Alessio Vlad, Direttore Artistico del Teatro dell’Opera di Roma, i quali hanno introdotto i lavori.
Le analisi sono state molteplici, così come i temi trattati. Il rapporto è stato curato da Benedetto Coccia, Ricercatore Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, Antonio Ricci, Ricercatore Centro Studi e Ricerche Idos e Miruna Cajvaneanu, giornalista.
Prima del 2007, l’anno dell’adesione della Romania all’Unione Europea, i romeni erano “semplici” extracomunitari agli occhi degli italianai, reduci da un regime totalitario. Loro hanno goduto dello statuto di rifugiato fino al 1996 quando le Nazioni Unite hanno considerato che la società civile della Romania fosse stabile per i suoi cittadini. Ma non quella economica perché fiumi di persone hanno lasciato la Romania per mete economiche come l’Italia, Spagna, Germania e Francia.
I romeni che vivevano in Italia prima del 2007 erano poco più di 500 mila. Uno volta guadagnato lo statuto di cittadini europei, le presenze romene in Italia si sono raddoppiate. Immediate le reazioni della politica italiana che parlò di “invasione” com’è successo con altre comunità di stranieri. Per i romeni, il 2007 è diventato l’annus horribilis che ha diffuso panico e “pregiudizi romenofobici” nella società italiana dell’epoca.
Per sfatare i suddetti pregiudizi e ancorare la questione in termini razionali, la ricerca alla base del libro si è servita di strumenti statistici che sono stati fatti interagire con una molteplicità di interviste necessarie “per mettere a fuoco una collettività tanto numerosa (oltre un milione di persone) quanto polimorfa”.
Il momento zero della campagna antiromena è scattato con l’omicidio di Giovanna Reggiani, donna che fu barbaramente uccisa il 30 ottobre da un rom romeno presso la stazione Tor di Quinto di Roma. Come si ricorderà, la destra usò questo triste episodio nella campagna elettorale comunale e nazionale che portarono Gianni Alemanno al Campidoglio e Silvio Berlusconi al governo del paese. Nel 2007 ci furono altre aggressioni ad opera di cittadini romeni, i quali furono ancora una volta strumentalizzati con “toni da crociata”, che sembravano auspicare “un repulisti generale”.
Questa situazione mise in pericolo i processi di integrazione della già vasta comunità romena presente in Italia, formata principalmente da “gente operosa” che voleva “inserirsi armoniosamente nel Paese di accoglienza”. Il clima di quell’anno portò altresì ad un decreto che attribuì ai prefetti la facoltà di espellere cittadini anche comunitari dal suolo nazionale, qualora rappresentassero un pericolo per la “sicurezza pubblica”. Lo stesso sindaco di Roma, Walter Veltroni, era andato a Bucarest (la capitale della Romania) per trovare un accordo che avrebbe messo in atto gli allontanamenti dei cittadini romeni da Roma.
Nel 2014, essi superano il milione di presenze costituendo la più vasta comunità straniera in Italia. Nel testo della ricerca si espone con dettaglio la distribuzione sul territorio italiano dei romeni, presenti in tutte le regioni ma marcatamente in quelle centrosettentrionali. L’indagine ha posto in risalto, anche grazie al lavoro del sociologo Bodgan Voicu, il tema della famiglia romena all’estero.
I romeni si sentono a casa in Italia, tuttavia non mancano le fragilità e le problematicità. La povertà e soprattutto le nuove povertà che colpiscono, invero, anche gli italiani, frutto della precarizzazione del lavoro e delle condizioni di vita, hanno chiaramente inciso su una comunità che ha dovuto ricostruire se stessa in un paese straniero. Su questo, conclude la ricerca, ha inciso negativamente la pandemia di coronavirus.
Le donne romene in Italia sono oltre 57% dal numero totale dei residenti. Sono loro il sostegno per la famiglia rimasta nel paese, trovando più facilmente lavoro nelle case degli italiani come assistenti familiari o colf. Arrivano in Italia parlando già la lingua e spesso lasciano i figli in cura ai parenti. Save the Children ha contato oltre 400.000 bambini in Romania con uno o entrambi i genitori all’estero. Le famiglie romene convolano le nozze nelle oltre 50 parrocchie ortodosse presenti in Italia. La cura dei figli spinge le donne ad aiutare la famiglia ad integrarsi pur mantenendo le proprie tradizioni.
Dal punto di vista materiale i romeni ravvivano l’economia in Romania più di qualsiasi altro fattore esterno. Nel 2019 si stimava che le rimesse inviate dall’Italia ammontassero a circa 6,2 miliardi di euro, senza contare il denaro non tracciato che viaggia in modo informale, ad esempio con i pullman dei migranti. Il loro contributo economico si risente anche in Italia.
Secondo il dossier San Pio V-Idos sull’immigrazione, nel 2020 il valore aggiunto generato dai lavoratori stranieri in Italia è stato pari a 146,7 miliardi di euro, cioè al 9,5% del PIL. Le comunità di immigrati più popolose in Italia sono i romeni (20,8%), gli albanesi (9,3%), marocchini (7,6%), cinesi (5,5%), ucraini (4,6%) e filippini (123.866, 3,3%).
Anca Mihai