Fornace (Fornax) è il nome di una costellazione del cielo australe molto piccola, incastonata nella più corposa costellazione di Eridano. Le sparute e deboli stelle presenti in questa costellazione consentono agli astronomi di osservare, molto aldilà della Via Lattea, innumerevoli galassie. Alcune sono lontanissime, altre sono più vicine, come quelle raggruppate nell’ammasso della Fornace, che si trova a “soli” 60 milioni di anni luce da noi.
Ngc 1316, la galassia più brillante nella regione occupata dall’ammasso, è stata oggetto di uno studio condotto dal team capitanato da Paolo Serra, ricercatore all’Inaf dell’osservatorio astronomico di Cagliari e principal investigator della MeerKat Fornax Survey, progetto finanziato dal Consiglio europeo della ricerca che attraverso una rete composta da 64 radiotelescopi sudafricani MeerKat, inaugurata nel 2018, punta ad investigare nel dettaglio tutto l’ammasso.
La grande popolarità di Ngc 1316 tra gli astronomi è dovuta principalmente a due fattori: principalmente rappresenta una delle galassie più brillanti e belle da osservare alle frequenze radio, e per questo è un esempio da manuale di ciò che chiamiamo ‘radiogalassia’. Inoltre la sua immagine ottica è ricca di deformazioni, le quali indicano che Ngc 1316 si è formata dalla collisione di due galassie qualche miliardo di anni fa, seguita dal successivo, ulteriore inglobamento di galassie satellite più piccole. La fusione tra galassie è uno dei tasselli fondamentali delle moderne teorie cosmologiche.
Galassie come Ngc 1316 sono importanti perché ci consentono di studiare i meccanismi in azione durante questi processi di fusione, e di capirne gli effetti sulle galassie coinvolte.
Da una ventina d’anni Ngc 1316 rappresenta un enigma per gli studiosi, in quanto vi si è osservata una sproporzione tra le componenti del suo mezzo interstellare freddo. Per mezzo interstellare si intende quella materia molto rarefatta che riempie lo spazio tra le stelle di una galassia, e che è composta in massima parte (98 per cento) da gas come l’idrogeno e l’elio, e per la restante parte da polveri più pesanti. I gas e le polveri costituiscono gli elementi di base che, riaggregandosi, formano nel tempo nuove stelle.
“Ngc 1316 ha una grande quantità di polvere al suo interno, e negli anni gli astronomi hanno capito che questo“, spiega Serra, “è dovuto al fatto che, delle due galassie che si sono fuse insieme, una era gigantesca ma priva di mezzo interstellare freddo mentre l’altra, dieci volte più piccola e simile alla Via Lattea, ne aveva in abbondanza. Il fatto è che la galassia più piccola sarebbe stata perfettamente in grado di portare la grande quantità di polvere attualmente presente all’interno di Ngc 1316, ma, nel contempo, avrebbe dovuto portare una quantità ancora maggiore di idrogeno allo stato gassoso, che non si riusciva a trovare“.
Quindi non ci sono dubbi sulla teoria secondo la quale Ngc 1316 sarebbe il risultato di una collisione di due galassie di dimensioni diverse, ma permane il mistero di dove fosse andato a finire tutto l’idrogeno. Arcano ora risolto grazie a osservazioni compiute con il radiotelescopio MeerKat, costruito dal South African Radio Astronomy Observatory (Sarao) nel deserto sudafricano del Karoo, e di cui Paolo Serra e il suo team hanno utilizzato in questo caso “solo” 40 delle 64 antenne radio. Il suo grande campo di vista, unito all’alta sensibilità a distribuzioni tenui di idrogeno diffuso, ha consentito al gruppo di ricerca di rivelare il gas di idrogeno a grande distanza da Ngc 1316, cosa che non era stata possibile con i telescopi radio usati finora per osservarla. I risultati sono in corso di pubblicazione su Astronomy & Astrophysics.
“Nel nostro articolo mostriamo nuovi dati ottenuti con MeerKat”, dice Serra,
“che svelano dove si nascondeva tutto quell’idrogeno. Abbiamo scoperto che è distribuito in due lunghe code gassose molto tenui, che si estendono fino a una grande distanza da Ngc 1316“. Queste lunghissime code sono state osservate in corrispondenza con code di stelle in formazione visibili in immagini ottiche molto sensibili.
“Pensiamo che queste code“, prosegue il ricercatore cagliaritano, “siano state generate dalle forze mareali in azione durante il processo di fusione di galassie che ha portato alla nascita di Ngc 1316. La quantità di idrogeno che abbiamo trovato nelle code è in linea con quanto ci si aspettava di trovare in base all’idea della fusione tra due galassie di cui una simile alla Via Lattea. Grazie a queste osservazioni, dunque, tutto torna, e possiamo dire di avere ora un’idea più precisa e coerente sulla formazione di questa famosa galassia“.