Un team di ricerca dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) e del Telethon institute of genetics and medicine (Tigem) coordinato da Elvira De Leonibus, in uno studio pubblicato sulla rivista Aging Cell, descrive uno dei possibili meccanismi attraverso cui la Spermidina, in soggetti di mezza età predisposti al declino cognitivo, ripristina la memoria nell’invecchiamento grazie alla sua azione di “pulizia” degli aggregati proteici tossici accumulati nel cervello.
La Spermidina è una poliammina in grado di favorire la longevità attraverso un’azione protettiva sul sistema cardiaco ed è stata anche testata sulla neurodegenerazione nella drosofila, il moscerino della frutta.
“Non tutti gli individui mostrano una riduzione delle capacità mnemoniche con l’avanzare dell’età, ma quelli che la mostrano lo fanno molto precocemente e, in genere, i sintomi di declino mentale si associano all’accumulo, nei neuroni, di aggregati proteici di alfa-sinucleina e di beta amiloide che possono arrivare a formare delle fibrille – o dei filamenti – potenzialmente tossici per le cellule”, spiega De Leonibus. “In una cellula giovane questi aggregati, considerati scarti cellulari, sono racchiusi all’interno di una vescicola (autofagosoma) che si occupa di traghettarli nel lisosoma, un organello che li scompone e ne ricicla i costituenti lì dove possibile. Con l’invecchiamento gli aggregati aumentano e la capacità degradativa dei lisosomi si riduce”.
Studi recenti hanno messo in evidenza che la Spermidina, naturalmente presente in molti cibi, stimola l’autofagia, il processo di pulizia interna delle cellule, e quindi ne migliora le capacità degradative. “Il nostro laboratorio si occupa di identificare i meccanismi precoci che precedono lo sviluppo della demenza nei modelli animali”, spiega De Leonibus che ha condotto la ricerca insieme a Giulia Torromino (post-doc Cnr-Ibbc) e Maria De Risi (post-doc Cnr-Ibbc e Tigem). “Per identificare i soggetti di mezza età con una memoria vulnerabile, abbiamo utilizzato un test di memoria in cui si potesse manipolare la quantità di informazioni da ricordare (il numero di oggetti), in modo da rendere il compito più difficile e sfidante. Questo ha permesso di separare soggetti della stessa età in grado di ricordare fino a 6 oggetti diversi da quelli in grado di ricordarne al massimo 2. Nei soggetti di mezza età che falliscono il compito di ricordare 6 oggetti diversi, i lisosomi dei neuroni sono ingrossati e ‘ingolfati’ di aggregati di alfa-sinucleina nell’ippocampo, una particolare regione del cervello che è cruciale per la memoria”.
“Questo ingolfamento dei lisosomi – continua De Leonibus – è accompagnato da un difetto nell’attivare quei processi di comunicazione tra neuroni che sono necessari nei giovani per formare nuove memorie e che sono mediati dalle sinapsi attraverso il recettore del glutammato, AMPA. Questi processi risultano invece inalterati nei soggetti giovani, o in quelli invecchiati ma con memoria intatta. Lo studio ha dimostrato che un trattamento di un mese con la Spermidina stimola l’espressione del fattore di trascrizione TFEB (scoperto nel laboratorio di Andrea Ballabio al Tigem) che controlla i geni responsabili della degradazione per autofagia e favorisce in tal modo la pulizia della cellula dagli aggregati di alfa-sinucleina e di beta amiloide.”
“Una volta liberata la cellula da questi aggregati,- conclude la dottoressa De Leonibus – si osserva che la comunicazione sinaptica, attraverso il recettore AMPA, viene ripristinata in modo che la memoria possa funzionare anche in condizioni di elevato carico di informazioni nei soggetti che presentavano il difetto. Continueremo a studiare gli effetti della Spermidina nelle malattie neurodegenerative, da sola e in combinazione con altri trattamenti, e cercheremo di verificare se un arricchimento della dieta possa essere sufficiente per prevenire l’insorgenza della demenza“.