Ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro, opportunità e rischi. Questo vale anche per la digitalizzazione.
Con la digitalizzazione possiamo fare a meno della carta, così evitiamo di abbattere gli alberi nel rispetto della natura, e il mondo diviene paperless. Possiamo costruirci una biblioteca digitale e leggere i libri (e-book) con un lettore digitale (e-reader) e portare con noi l’intera biblioteca in vacanza, ovunque andiamo. Possiamo fare acquisti di generi alimentari o di altro genere, aprire un conto corrente in banca o stipulare una polizza assicurativa stando comodamente seduti sul divano di casa nostra. Possiamo “lavorare a Milano vivendo a Palermo” con lo smart working. Anzi, con il “south working”.
La digitalizzazione applicata ai servizi (che diventano servizi digitali) rende possibile i servizi fai da te (self service) e la digitalizzazione applicata ai processi rende possibile la delocalizzazione dei posti di lavoro.
Tra i servizi fai da te primeggiano certamente i servizi bancari (home banking e mobile banking) offerti da provider tra cui figurano (giusto per citarne alcuni) Ing Direct del Gruppo olandese Ing, Chebanca!, Fineco. Le banche online sono in grado di offrire ai loro clienti vantaggi in termini di risparmio, perché sostengono spese inferiori rispetto alle banche “tradizionali”. Le minori spese derivano dal fatto che le banche online non necessitano di sportelli e di personale: è il cliente che lavora, da casa sua, da remoto, effettuando quelle stesse operazioni che normalmente farebbe un impiegato di banca, divenendo così l’“impiegato virtuale” della banca online. Per questo servizio che eroga a se stesso (self service) il cliente-impiegato-virtuale riceve un “salario” che coincide con l’ammontare del “risparmio” di cui egli beneficia.
I servizi digitali si basano sulla disintermediazione tra il cliente e l’impiegato dell’azienda erogatrice dei servizi e di conseguenza il lavoro del personale dell’azienda non può che essere trasferito al cliente. Si può immaginare quante persone in esubero ci saranno quando la digitalizzazione si propagherà in tutta la PA (ma più probabilmente non ci saranno esuberi: le persone andranno in pensione e non verranno sostituite).
Con l’avvento della globalizzazione (del mercato globale) le aziende hanno potuto trasferire i loro impianti di produzione in Paesi in cui esistono dei vantaggi competitivi, con un minor costo dei fattori di produzione e in particolare della manodopera. Con il diffondersi della digitalizzazione dei processi le aziende potranno trasferire le loro postazioni di lavoro in aree geografiche dove il costo della manodopera è minore.
Lo smart working per esempio, oltre ad essere una modalità di lavoro gestita contrattualmente con determinate regole che sono differenti da quelle che si applicano al tradizionale lavoro in azienda, è anche un modo per delocalizzare la postazione di lavoro. Le aziende, soprattutto quelle orientate all’erogazione dei servizi, potrebbero delocalizzare le postazioni di lavoro impiegando manodopera in aree geografiche dove la vita costa meno e quindi i salari nominali sono più bassi (per esempio nel Sud Italia, o in India).
Quando si parla di digitalizzazione ad opera delle tecnologie digitali (computer, tablet, smartphone, internet) occorre includere anche l’automazione, la robotica, l’intelligenza artificiale.
Ultimamente abbiamo visto come operano gli infermieri robot in reparti di ospedali dove sono ricoverati i pazienti colpiti dal Covid. Ci sono anche robot fisioterapisti e robot medici. Si stanno diffondendo in sordina i robot camerieri e i robot baristi. Stanno prendendo piede i robot giornalisti (Microsoft effettuerà tagli al portale Msn e 50 giornalisti saranno sostituiti dall’intelligenza artificiale), come pure i robot che selezionano il personale, per esempio il robot Vera (che è in grado di intervistare fino a 1.500 candidati in una sola giornata di lavoro). Tra poco vedremo anche la prima attrice robot Erica protagonista in un film nel 2021.
Digitalizzazione, disintermediatione, automazione, robotica, intelligenza artificiale causeranno altra disoccupazione che si aggiungerà a quella già causata dalla mancanza della domanda effettiva (il genere di domanda cui si riferiva Keynes per spiegare l’elevata disoccupazione del 1929). La soluzione al problema della disoccupazione causata dalla digitalizzazione c’è. C’è da sperare che i governi prima o poi la scoprano.
Claudio Maria Perfetto