Circola, sia pur in modo non ufficiale, una bozza di normativa per regolare gli esami finali dei cicli di studi – licenza la scuola media inferiore e maturità per la scuola superiore – previsti del resto anche dall’art. 33 della Costituzione, che recita al quinto comma: “È presente un esame di Stato […] per la conclusione” dei vari ordini di scuola.
Sulle caratteristiche di queste prove molto si è discusso, anche recentemente. Il ministro, sempre secondo voci di corridoio, pare abbia preso una decisione e, di conseguenza, si stanno predisponendo, a livello di direzioni generali, gli opportuni provvedimenti. Del resto, nelle settimane passate qualche anticipazione è stata fatta.
Oggi siamo in grado di dire che i prossimi esami di fine ciclo (maturità per le superiori, licenza per le inferiori) sono sostanzialmente definiti e possiamo anche affermare che quella effettuata a livello ministeriale è stata – come del resto avevamo auspicato in un recente scritto – una scelta basata sul buon senso che ha reintrodotto la prova scritta di italiano, tenendo conto, per il resto, anche delle procedure sperimentate, con risultati positivi, l’anno scorso. In sintesi, queste sono le caratteristiche dell’esame di maturità 2022. In un successivo scritto verrà descritto invece l’esame di licenza media.
Sono tre gli elementi fondamentali sui quali si basa l’esame di maturità 2022. Innanzitutto la prova scritta di italiano. Si tratta di una parte comune a tutti gli indirizzi di studio e rappresenta una novità rispetto all’esame dello scorso anno. Nella tornata degli esami precedente non era stata inserita la prova scritta di italiano perché motivi di sicurezza sanitaria avevano consigliato la sua esclusione. Quest’anno, invece, si ripropone questa prova scritta.
In questo modo il ministro Bianchi ha scelto di prendere in considerazione, almeno parzialmente, le istanze che erano state portate alla sua attenzione da parte di studiosi e da parte di enti culturali, che con fermezza chiedevano il ripristino delle prove scritte. Questa soluzione rappresenta per certi versi un segnale ufficiale di speranza nella direzione di un ritorno alla normalità.
Il titolare del dicastero non avrebbe potuto in ogni caso stravolgere le prove, anche se lo avesse voluto – ma non è questa la volontà espressa dallo stesso ministro in diverse circostanze – perché un radicale cambiamento avrebbe ulteriormente accidentato il percorso scolastico, ormai per un terzo già concluso. È comunque da condividere il ripristino della prova scritta di italiano, perché essa rappresenta per le studentesse e gli studenti la possibilità di dimostrare la loro conoscenza della lingua, la loro dimestichezza con la stessa e perché essa permette anche di mettere in evidenza la capacità di un suo utilizzo corretto.
Mi sembra molto giusto che un giovane maturo abbia conoscenza della sua madrelingua, anche perché questo tipo di conoscenza rappresenta una componente della cultura che deve avere un cittadino.
Da notizie ministeriali – ed anche questa informazione va nella direzione di tranquillizzare gli interessati – si apprende che verranno tenuti in buona evidenza, e quindi confermati, tutti i documenti preparati, sia quindi quelli per proporre gli argomenti che potranno essere oggetto del tema, sia quelli da usare come strumento di valutazione.
Nel 2018 infatti, soprattutto per quanto riguarda questi ultimi, la commissione voluta dalla ministra Fedeli, titolare del dicastero in quel periodo, aveva predisposto una serie di atti che dovevano guidare i commissari d’esame nell’affrontare la verifica della validità dei lavori in sede di esame. Questo pacchetto operativo merita l’approvazione metodologica per due motivi fondamentali.
La valutazione diventa prova di tutto un percorso legato ad una serie di requisiti, individuati a priori, che l’elaborato deve avere. In altre parole il punteggio da dare è la conseguenza di una verifica della presenza o mono di precisi elementi: questo significa che il candidato o la candidata non sono nelle mani di una commissione che ha poteri discrezionali illimitati.
Essendo poi la griglia messa a disposizione di tutte le commissioni d’esame, di conseguenza a livello nazionale, le stesse sono tutte vincolate al rispetto di questa traccia valutativa, con la lampante conseguenza che in tutto il territorio dello stato è garantito un unico criterio di valutazione e quindi non si può più parlare di commissione “con manica larga” e commissioni più rigide e severe.
La seconda prova presenta una novità nel titolo ( ma solo nel titolo), che, sotto un certo punto di vista – quello formale – diventa altisonante. Se si vuole più accademico, ma nella sostanza non sono previste grosse modifiche rispetto alla prova precedente, che andava sotto l’etichetta di elaborato. A giugno sarà dai maturandi presentata la “tesi di diploma” che, come appena accennato, rappresenta l’evoluzione ultima del lavoro del passato anno preparato per la prova finale.
Vi sono nelle anticipazioni elementi precisi che permettono di individuare le caratteristiche di questa prova. Si tratta infatti di un prodotto, predisposto dallo studente o dalla studentessa, incentrato essenzialmente sulle discipline di indirizzo relative al corso. Per alcuni versi deve essere sicuramente collegato alle varie materie, quindi sotto tutti i punti di vista interdisciplinare e multidisciplinare.
La tesi di diploma deve servire per mettere in luce il grado di preparazione del candidato o della candidata chiamati a dimostrare di saper collegare i vari punti, oggetto della loro ricerca, mettendo così in luce la padronanza acquisita nei vari settori del suo profilo professionale. L’argomento, da definirsi entro il prossimo mese di aprile, con un professore del corso che diventerà il docente di riferimento – con lo specifico compito di guidare l’allievo o l’allieva nella sua ricerca, suggerendo anche gli opportuni contatti con gli altri insegnanti – comporta un impegno non solo per il reperimento dei testi e lo sviluppo degli aspetti legati alla tesi, ma anche l’acquisizione di una metodologia espositiva che viene tenuta in considerazione anche in sede di giudizio finale.
Qualcuno si è anche interrogato sulle motivazioni che hanno spinto il ministro ed i suoi uffici alla sostituzione della seconda prova con la tesi di diploma. Sono personalmente convinto che la seconda prova sia stata tolta per problemi in questo caso molto pratici, legati anche alla pandemia, nella quale ancora ci troviamo. Dobbiamo infatti domandarci che cosa capiterebbe se, al momento della somministrazione di quest’esame, qualche classe venisse messa in quarantena. Sorgerebbero non poche difficoltà che metterebbero in grave crisi tutto il sistema. Con il percorso proposto dal ministro invece – vale a dire con l’inserimento della tesi – i guasti conseguenti alla presenza in qualche scuola del virus sono limitati e facilmente superabili.
La terza prova dell’esame di maturità è il colloquio, momento finale durante il quale l’esaminando avrà l’ulteriore possibilità di dimostrare il suo grado di preparazione. Il punto di partenza è la discussione della tesi di diploma. In questa fase, interloquendo con la commissione, il candidato o la candidata ha la possibilità di mettere in evidenza il livello di approfondimento personale rispetto all’argomento studiato e presentato. Spesso da questo tipo di confronto emerge l’effettiva preparazione sull’argomento da parte dell’interessato e vengono evidenziate anche le eventuali, pur sempre possibili, copiature senza, però, comprensione del testo che viene presentato.
Nella fase successiva, il colloquio serve invece ad appurare quanto è stato veramente acquisito nel patrimonio formativo e culturale del candidato o della candidata.
La terza parte del colloquio può vertere sull’esperienza di alternanza scuola-lavoro. Ho usato il verbo “può” e non “deve” perché personalmente sono convinto che questo segmento del percorso scolastico sovente realizzato – salvo le dovute e lodevoli eccezioni – in modo superficiale e spesso senza tenere conto del valore che questo momento formativo invece dovrebbe avere, non possa formare, almeno per quest’anno, un segmento della prova finale della maturità. Il tutto per un motivo molto semplice: se il modulo di alternanza scuola-lavoro viene fatto male in tempi normali e i primi a non credere in questo momento formativo – e mi dispiace constatare quanto sto per affermare – sono proprio i collegi docenti, che tendono ad affidarne l’organizzazione a docenti che non hanno le competenze idonee a creare i moduli di alternanza scuola-lavoro, quasi certamente, in un periodo come questo, governato dalla pandemia, il precitato modulo non solo è disarticolato, ma è molto disastrato.
Anche quest’anno solo il presidente della commissione è figura esterna alla scuola sede di esame. Gli insegnanti scelti dal collegio docenti invece formano la commissione di maturità che procede nei tempi e nei modi stabiliti dal Ministero. Per assegnare il punteggio finale, quello della maturità per intenderci, non devono essere prese in considerazione solo la prova scritta, la tesi di diploma ed il colloquio, ma si deve tenere in evidenza tutto il percorso scolastico dello studente o della studentessa. Anche a questo proposito sono forniti alle strutture scolastiche le opportune indicazioni ministeriali.
Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative