Il discorso relativo alla scuola come organismo vivente ha sollevato un forte interesse e, soprattutto, ha fatto sorgere riflessioni su vari aspetti che sono per me non solo significative da un punto di vista culturale, ma sono utili da un punto di vista operativo. Desidero riflettere oggi, in questo mio scritto, su un argomento che mi ha particolarmente attratto, suggerito, con una sua lettera, da Silvia C. da Roma.
La lettrice mi invita a pensare sul ruolo dei genitori. In precedenza, avevo già affrontato questa tematica in termini generali; ora mi cimento in qualche ulteriore riflessione.
Non sfugge a nessuno che ai genitori tocca un compito molto importante nel percorso educativo dei figli a cominciare dal momento del concepimento. I primi tempi della loro esistenza si svolgono infatti nell’intimità della famiglia e, di conseguenza, questi momenti sono per i figli importanti, in quanto finiscono per condizionare la formazione della loro personalità.
Oggi tutto questo, direi, è abbastanza scontato ed ovvio, ma non è sempre stato così. Qualche decennio fa era ancora molto forte la convinzione che la fase educativa iniziasse con la scuola elementare. Poi, grazie a contributi scientifici nel campo della pediatria, si riconobbe un ruolo educativo fondamentale anche alla scuola materna.
Gli studi sullo sviluppo dell’infante hanno prodotto poi un’ ulteriore nuova visione: il bambino impara e sviluppa la sua educazione fin dai primi mesi di vita, anzi sviluppa le sue linee caratteriali anche nel grembo materno. In un simile contesto allora, anche l’asilo nido non deve essere visto come una struttura assistenziale – o per usare un brutto termine, che però rende l’idea – come un parcheggio, ma deve essere, invece, concepito come luogo educativo, organizzato da personale competente.
Non sempre è stato così. Ricordo nella mia esperienza di amministratore comunale e di sindaco di un comune di media dimensione che, al momento di iniziare a svolgere il mio mandato, la gestione dell’asilo nido rientrava tra le competenze dell’assessorato all’assistenza, quindi dei servizi sociali. Senza nulla togliere all’importanza di quest’ultimo settore, con una prima delibera con effetto immediato feci trasferire le competenze sull’asilo nido agli uffici l’istruzione. Certamente qualcuno potrà dire che si tratta di poca cosa. Posso condividere questa valutazione, ma aggiungo anche che con questa deliberazione si introdusse nell’amministrazione una nuova e più corretta visione delle problematiche dell’infanzia e si incominciò a pensare all’educazione come ad un percorso che inizia nel grembo materno.
Da questa descrizione si può ricavare un concetto molto importante. Se la scuola è luogo di educazione, come in diverse circostanze ho affermato – seguendo un principio sostenuto anche recentemente dall’attuale presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi – è necessario allora pensare ad un costante intervento per la formazione di tutti gli operatori, compresi i genitori, perché anche questi ultimi devono essere, in termini molto precisi, consapevoli protagonisti della loro missione.
Ritengo, infatti, che poco ancora si faccia per quanto riguarda la formazione dei genitori perché, come qualcuno scrisse, “il mestiere di genitore è un mestiere difficile”. Vedo pertanto opportuno favorire tutte quelle iniziative che vanno nella direzione di portare il genitore a prendere coscienza del suo ruolo e, quindi, a permettergli di svolgere i suoi compiti con la competenza e la preparazione del caso. Del resto, padri e madri devono sapere che certi comportamenti dei figli sono le conseguenze del loro modo di comportarsi.
Le considerazioni che ho appena fatto mi permettono di introdurre un ulteriore concetto: il genitore come modello.
Anche questo è un argomento non sempre preso nella dovuta considerazione perché, spesso, non sono mai state approfondite le conseguenze che i comportamenti dei genitori generano, da un punto di vista educativo, sul figlio. Non voglio prendere in esame, in questa sede, i comportamenti più negativi, perché di questi e della relativa valutazione sono pieni i manuali e sono ricchi gli interventi a livello di comunicazione sociale.
È abbastanza conosciuto per esempio, il fatto che l’atteggiamento violento tenuto da un genitore produce nel figlio, di sovente, la convinzione che questo modo di fare può essere tollerabile.
Desidero invece, in questa sede, parlare di atteggiamenti meno eclatanti e, quindi, meno appariscenti ma, in ogni caso, altrettanto negativi per l’educazione dei figli, che spesso – e questo non va mai dimenticato – vedono nell’adulto e, nel nostro caso nel genitore, un modello da imitare e da trasferire, poi, anche nel mondo scolastico. Faccio due esempi:
Oggi, per quanto riguarda questa valutazione da parte dei genitori sui comportamenti degli insegnanti, assistiamo ad un cambiamento epocale.
Quando ero ragazzo, ormai diverse decine di anni fa, l’insegnante era per i genitori una figura intoccabile, che emetteva sentenze ed era al di sopra di ogni responsabilità. Era, in altre parole, un mostro sacro che, nel momento in cui parlava, aveva parole da non discutere, ma da tenere in considerazione ed applicare.
Non solo: se per caso l’insegnante – e questo specialmente negli anni delle elementari – durante l’attività didattica, per ottenere qualche risultato efficace, faceva seguire ai richiami verbali qualche punizione corporale, l’alunno che subiva queste sanzioni aveva la convenienza di non raccontare ai genitori l’accaduto, perché correva il rischio di subite analogo trattamento in famiglia.
Oggi tutto è cambiato, con qualche esagerazione opposta a quella appena descritta. Se prima l’insegnante aveva sempre ragione, ora è l’alunno ad avere sempre ragione e, di conseguenza, ha il diritto di essere sempre difeso. Prima i genitori erano parte della pubblica accusa contro di lui, mentre oggi sono sempre componenti accaniti del collegio di difesa e quindi mettono sotto accusa i docenti. Tenere questo comportamento da parte dei genitori significa compiere dei gesti non educativi. Il figlio, infatti, si sentirà libero di criticare l’insegnante e, nello stesso tempo, spesso lo farà anche a sproposito.
I genitori, quindi, quando assumono gli ultimi atteggiamenti descritti, non contribuiscono all’educazione dei figli, perché non dimostrano quell’equilibrio che la persona matura deve cercare di tenere sempre.
Il secondo esempio che voglio fare si collega alla visione dei genitori per quanto riguarda le problematiche relative agli immigrati e i loro figli. È inutile nascondere il problema e cercare di non affrontarlo. La nostra è una società multietnica e, di conseguenza, le classi degli istituti scolastici di ogni ordine e grado sono formate da allievi di diverse nazionalità, a volte con alunni di nazionalità italiana che rappresentano una minoranza. In una situazione come questa, la famiglia ha un ruolo importante da esercitare per quanto riguarda l’educazione dei figli.
Direi che il suo compito fondamentale è quello di favorire l’accettazione delle diversità etniche da parte dei figli, diversità che non vanno intese come caratteristiche negative, ma come elementi che servono ad arricchire la personalità dei singoli. Sottolineare gli aspetti positivi significa far scoprire la fratellanza umana e, soprattutto, significa evidenziare la possibilità di collaborazione reciproca per la costruzione di una comunità migliore dell’attuale, con la realizzazione di una pace intesa come sviluppo del mondo.
Se questa premessa è accettata, il comportamento dei genitori deve – e dico deve – essere conseguente e servirà da esempio al figlio. Se invece all’interno della famiglia vengono prese posizioni contro gli immigrati, è facile immaginare che il figlio, che sempre vede nei genitori dei modelli da imitare con convinzione, porterà questi comportamenti all’interno della classe, con quelle conseguenze facili da immaginare. I pregiudizi dei genitori diventeranno reali e concreti anche nella scuola.
Ho voluto fare queste riflessioni per ribadire l’importanza della componente dei genitori nel processo educativo. Ho fatto due esempi, forse quelli più significativi oggi, ma il discorso, come si evidenza sempre nei dibattiti, è molto più ampio.
Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative