• 25 Dicembre 2024
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Scuola: l’insegnamento dopo la pandemia, prime riflessioni

Due genitori, che stimo moltissimo, Franca e Giorgio, sempre attenti alla lettura della realtà sociale nella quale vivono, mi hanno fatto pervenire un’interessante rassegna stampa sulla situazione in cui vengono a trovarsi insegnanti ed allievi durante l’attuale delicata fase che impone alla scuola la necessità di introdurre cambiamenti radicali. Dalla lettura di queste considerazioni ho ricavato una serie di riflessioni che desidero presentare.

La dinamicità della scuola

Credo che si debba partire da qualche sottolineatura nella sostanza positiva. Ancora una volta, con tutte le difficoltà del caso, l’istituzione scolastica nel suo complesso si è dimostrata all’altezza della situazione. Dico ancora una volta perché, se nel passato ha sempre contribuito alla formazione dell’individuo, garantendone comunque la preparazione, raggiungendo il più delle volte risultati anche eccellenti, in questo periodo ha dimostrato di essere in grado di far fronte alle necessità di adattamento alle impreviste necessità conseguenti al coronavirus.

In tempi pure recenti, ancora poco prima della pandemia, sulle scuole sono cadute spesso molte accuse. Tra queste una delle più frequenti è stata quella di essere una struttura rigida fuori dalla realtà sociale, assolutamente bisognosa di una radicale riforma strutturale. Forse – e qui il mea culpa può essere generale – tutti, presi dall’intento di approfondire problemi specifici, hanno spesso trasformato le questioni specifiche, e quindi particolari, in critiche generali, tali da mettere in discussione l’intero sistema.

In effetti, diversi problemi esistono, ma ora si è accertato invece che l’istituzione regge. Una prova di tutto questo, infatti, si ricava dal fatto che, una volta scoperta e provata l’impossibilità di continuare a fare lezione in aula, sono state trovate soluzioni per superare gli ostacoli che il coronavirus ha creato. In poco tempo, sono state trovate procedure didattiche che sono servite a chiudere i corsi dell’anno passato e a gestire il corrente periodo.

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Il ritorno a scuola (Twitter)

Scuola, il valore della crisi

L’esame di tutte le lettere dei docenti mi permette di fare una seconda riflessione, che certamente si basa sul mio innato ottimismo ma che trova nei fatti concreti anche qualche valida conferma: non si deve dare alla parola crisi un significato del tutto negativo. La crisi, infatti, rappresenta un momento in cui certi valori, certe convinzioni vengono messi in discussione.

Mentre, però, si dissolvono queste certezze, si aprono determinati orizzonti prima sconosciuti o sottovalutati. Fino alla pandemia, la didattica a distanza veniva considerata un’attività da tenere presente solo eventualmente, ma ancora lontana per quanto riguarda la sua applicazione. Non solo, fino alla chiusura delle scuole a causa del virus la lezione in presenza non era valorizzata a dovere; oggi, invece, si è riscoperta la sua validità. Ho fatto due esempi per dimostrare che, in effetti, la crisi ha permesso di riflettere su queste circostanze e costringe a mettere qualche nuovo punto fermo.

Si può dire pertanto che quando scoppia una crisi non significa che cade il mondo, ma vengono introdotti precisi spunti di riflessione che poi costruiscono le soluzioni e le novità.

La storia, del resto, per fare un richiamo significativo, dice che ogni nuova epoca è la conseguenza della crisi dell’età precedente. Con una avvertenza comunque: la lettura dei vari elementi della crisi deve essere intelligente, perché non tutto quanto si riscontra nella crisi è da tenere, qualcosa deve essere scartato e, nello stesso tempo, devono essere anche adottati gli accorgimenti necessari a tarare le varie componenti.

Riflessioni sugli elementi da tarare a cominciare dalla DAD

Può essere di una qualche utilità incominciare a mettere in fila alcuni elementi da tarare. Innanzitutto una riflessione sulla DaD, la cosiddetta didattica a distanza. Sicuramente la DaD rappresenta un metodo di insegnamento da prendere in considerazione perché trova un suo preciso collegamento con modo di vivere dei giovani, che hanno ormai acquisito una sostanziale confidenza con la moderna tecnologica informatica, diventata il loro indispensabile “pane quotidiano”. Tutto questo, però, comporta l’inserimento di alcuni accorgimenti.

In primo luogo non deve essere considerata l’unica metodologia di insegnamento. Si deve subito dire che la DaD è solo uno degli strumenti, non l’unico e neppure il più importante. Ritengo, infatti, che non si deve dimenticare che il processo educativo richiede che sia garantita anche l’attività in presenza, perché l’allievo deve sviluppare sempre la sua dimensione sociale che, come in più sedi ho avuto occasione di sottolineare, presuppone la presenza di altri studenti e richiede il contatto fisico con il docente.

Del resto, non è un caso se, proprio durante lo svolgimento delle lezioni a distanza, è diventata molto forte la richiesta da parte di studenti, famiglie e docenti delle lezioni in presenza. L’educazione non è un’attività individuale, ma è un’attività corale, di gruppo, legato da determinati obiettivi, con la guida del docente.

In secondo luogo è opportuno ribadire che la didattica a distanza introduce qualche mutamento nella figura del docente, perché richiede che il docente non solo sia il depositario del sapere, ma sia in grado di utilizzare le tecnologie per la trasmissione del sapere stesso. In parole semplici, si deve rimarcare che il docente non solo “sa”, ma deve anche “saper fare”.

Come giustamente pure qualche docente ha sottolineato nei suoi commenti – dico io giustamente – l’insegnante diventa anche tutor nei confronti degli allievi che, essendo molto spesso in grado di utilizzare le tecnologie, possono collaborare nelle costruzioni e nello svolgimento delle lezioni a distanza e hanno bisogno di avere un tutor in gradi di seguirli. Questa considerazione comporta però un corollario: la necessità dell’insegnante di procedere ad un suo aggiornamento per quanto riguarda l’uso degli strumenti per la DaD. Si deve riconoscere che, da un punto di vista generale, c’è stata da parte dei docenti una sostanziale disponibilità all’aggiornamento informatico, che è stato naturale per i giovani insegnanti, un po’ meno naturale per i colleghi anziani, anche se tutto è stato accettato con generosa disponibilità.

Un’ultima considerazione: la didattica a distanza – e l’esperienza effettuata lo dimostra in termini precisi – dà risultati positivi quando esistono le risorse tecnologiche necessarie e quando vi è un puntuale collegamento scuola-famiglia.

Per quanto riguarda il primo aspetto, qualche dato permette di fare un richiamo importante: la DaD funziona molto bene se i collegamenti tra le postazioni sono possibili e la qualità dei collegamenti è discreta. Poiché in Italia non tutte le aree sono servite nello stesso modo, devono essere sicuramente potenziate le reti. Non solo; deve essere anche garantita l’attrezzatura indispensabile all’allievo.

Per quanto riguarda poi l’attività didattica in famiglia, come è facilmente comprensibile, diventa molto importante un intenso rapporto di coordinamento tra scuola e famiglia. Questo vale molto più per gli allievi delle scuole primarie. Molte volte, infatti, proprio con questa ultima tipologia di alunni, la presenza di un genitore è stata fondamentale anche per l’efficacia del processo educativo.

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Due idee operative

Esaminati alcuni caratteri dell’attività educativa durante la pandemia, possiamo tracciare – anche alla luce della rassegna stampa – alcune conclusioni.

La prima: non è opportuno ritenere che la DaD sia sostanzialmente negativa. È certamente da considerare uno strumento da utilizzare per rendere in qualche fase lo studente protagonista principale della sua formazione che, in questo caso, si realizza con il docente che diventa il tutor. Sicuramente in futuro l’attività educativa terrà conto di quanto sperimentato in questi mesi.

Una seconda considerazione: la lettura dei commenti dei docenti mi porta a dire che nella scuola esiste un alto senso di responsabilità didattica e, nello stesso tempo, un forte senso di responsabilità nell’affrontare la crisi. Ritengo sia necessario un ulteriore sforzo: non solo quello di dire che la scuola dopo la pandemia sarà diversa, ma bisogna anche dare dei contenuti a questa diversità. Solo così, infatti, si costruiscono le nuove vie del futuro. Su questo argomento tornerò presto.

Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative

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Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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