ROMA. Il tumore del polmone è in assoluto la prima causa di morte per cancro, responsabile di circa un terzo dei decessi per malattie oncologiche. In uno studio condotto dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Itb) e pubblicato sulla rivista specializzata Immunity sono stati identificati 25 sottotipi di cellule immunitarie infiltranti i tumori polmonari non a piccole cellule. I risultati ottenuti contribuiscono in maniera rilevante alla comprensione delle popolazioni cellulari immunitarie che invadono i tumori, aprendo la strada a nuovi farmaci.
La dottoressa Elena Levantini, ricercatrice dell’Istituto di tecnologie biomediche del Cnr di Pisa, del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, dell’Harvard Medical School e dell’Harvard Stem Cell Institute, che ha contribuito allo studio ha evidenziato che: “Il tumore non a piccole cellule rappresenta l’85% delle diagnosi di tumore al polmone e al momento le opzioni terapeutiche sono limitate. L’immunoterapia è un’area emergente nella ricerca oncologica che si propone di utilizzare il sistema immunitario del paziente per ‘insegnargli’ ad attaccare le cellule tumorali. Le cellule immunitarie che infiltrano i tumori sono importanti regolatori della crescita tumorale e possono sia promuovere che limitarne lo sviluppo”.
La ricerca ha consentito di mappare le cellule immunitarie mieloidi infiltranti i tumori polmonari non a piccole cellule, identificandone 25 sottotipi. I risultati ottenuti, mediante la metodica del sequenziamento del RNA su singola cellula, contribuiscono a comprendere le numerose e variegate popolazioni cellulari immunitarie che invadono i tumori, e aprono la strada per identificare nuovi farmaci immunoterapeutici.
“Abbiamo individuato il trascrittoma (corredo di RNA) presente in ciascuna cellula immunitaria all’interno del tumore polmonare, consentendo anche di comparare cellule immunitarie infiltranti i tumori fra vertebrati. Abbiamo quindi scoperto dei marcatori genici, in grado di identificare cellule immunitarie infiltranti associate a una più alta sopravvivenza dei pazienti, dando valore diagnostico ai nostri dati” – ha spiegato la dottoressa Levantini, che infine ha concluso affermando che – “Questi risultati potranno avere ricadute nella clinica, poiché alcuni dei sottotipi di cellule immunitarie infiltranti potranno essere utilizzati in diagnostica e trattati con nuovi farmaci, da studiare in laboratorio prima di transire alla fase clinica”.
Lo studio che è stato condotto in collaborazione con il gruppo di ricerca di Allon Klein, di Harvard Medical School, e di Mikael Pittet, del Massachusetts General Hospital e Harvard Medical School, e tra gli autori si riscontra anche la presenza della giovane post doc Giorgia Maroni, che lavora con Levantini.