Il 24 dicembre la Chiesa commemora i Santi Antenati di Gesù, figli di Davide, figli di Abramo, figli di Adamo, che placarono l’ira di Dio e vissero come giusti e morirono in pace nella fede. Leggendo il Nuovo Testamento notiamo che san Paolo chiama Gesù Cristo “Nuovo Adamo” perché capostipite di una nuova generazione umana e apportatore della Redenzione e della vita, come il primo lo fu del peccato e della morte.
Durante la celebrazione della Messa vespertina di Natale viene letta tutta la lunga genealogia di Gesù Cristo dalla quale sappiamo che san Giuseppe discendeva realmente dal re Davide. Ecco cosa dice il Vangelo di Matteo, in cui sono elencati gli antenati di Gesù:
“Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Leconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici” . (Mt 1,1-17)
Gli storici confermano che non si poteva salutarlo come Messia senza credere che fosse figlio di Davide e tale era per discendenza da Giuseppe. Per questo la gente lo salutava correttamente come il Messia.
Essendo Gesù l’oggetto della promessa fatta ad Abramo, conveniva risalire a questo padre degli altri patriarchi Isacco e Giacobbe. Seguendo le figliazioni registrate nella sacra Scrittura si arrivava facilmente a Davide in quattordici generazioni. Da Davide a Geconia al tempo della cattività di Babilonia, Matteo, col registrare ancora quattordici generazioni nella serie dei re omettendo i tre anelli, Ocozia, Gioas e Anasia, perfettamente conosciuti, dimostrò non essere suo intendimento di tracciare una serie completa. Vi sono ancora quattordici generazioni tra Salatiel e Giuseppe.
Il numero quattordici venne forse scelto perché le lettere ebraiche con cui viene scritto il nome di Davide, prese numericamente, costituiscono un totale di quattordici.
Nella Chiesa primitiva i parenti di Gesù erano in possesso del titolo di figli di Davide, del che Domiziano si sarebbe inquietato: prese però informazioni precise, non gli parvero più temibili e lasciò correre.
Assai ancor più interessante sarebbe per noi conoscere la linea di discendenza di di Maria, che sola trasmise a Gesù il sangue di Davide, ma purtroppo mancano gli elementi per ricostruirla.
Nel pensiero di San Luca la discendenza davidica interessava specialmente gli ebrei; ma siccome Gesù è Salvatore del mondo e non soltanto Messia degli Ebrei, egli ha voluto risalire più in su di Abramo, fino al progenitore del genere umano, Adamo, che fu da Dio non in qualità di figlio ma di sua immediata creatura. Per tal modo Gesù è nella umanità un nuovo punto di partenza, e la redenzione è una data che risponde a quella della creazione.
Nell’arte cristiana l’albero genealogico del Messia viene rappresentato come un albero alle cui radici è posto appunto il patriarca Iesse, padre del Re Davide, sui rami sono posti i re ed i profeti, mentre sulla cima è posto il Cristo.
a cura di Don Alessio Yandusheff-Rumiantseff