Le ultime dichiarazioni del Premier Conte pronunciate pochi giorni fa al Festival dell’Economia hanno messo la parola fine ad ogni dubbio riguardante un eventuale proroga della quota 100, misura previdenziale introdotta dal Governo giallo-verde, che prevedeva appunto una durata sperimentale di tre anni, fino alla fine del 2021. Nonostante le condizioni fossero state chiarite fin dal principio, lo stesso Salvini, post annuncio del Premier si è detto disposto, qualora l’obiettivo del Governo fosse quello di far tornare in auge la Riforma Fornero, ad impedirlo ad ogni costo.
Parole che per Cesare Damiano, dirigente del partito dem, sono suonate come semplice propaganda, la quota 100 non ha infatti, ha detto stizzito l’ex ministro del Lavoro in una delle sue ultime note stampa, superato un bel niente. Come a dire che la Riforma Fornero è attualmente in vigore, al più è stata messa provvisoriamente in standby, ma solo per quanti avranno la fortuna di maturare ‘un ambo secco’ (62 anni d’età e 38 di contributi) entro il 31/12/2021. Per chi maturerà, invece, i medesimi requisiti anagrafici e contributivi dal 1 gennaio 2022 il rischio è quello di andare incontro allo scalone Monti-Fornero, ossia di poter uscire solo con 67 anni d’età, dovendo dunque lavorare, a causa del famigerato ‘scalone’, 5 anni in più.
Il prossimo tavolo di confronto sarà dunque fondamentale, e su questo concordano anche i sindacati, per comprendere quali saranno le intenzioni del Governo relativamente alla prossima riforma previdenziale. L’incontro che avrebbe dovuto essere lo scorso 25 settembre, saltato poi a causa della decisione del Ministro del Lavoro Catalfo di mettersi in quarantena volontaria avendo avuto contatto con una persona positiva al Covid 19, è ora stato fissato al prossimo 14 ottobre. La notizia è ormai ufficiale ed è apparsa sul sito del Governo, ove in un comunicato datato 28 settembre si può leggere: “ Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, ha convocato mercoledì 14 ottobre 2020 i sindacati, per una nuova riunione del Tavolo tecnico di studio sulla riforma del sistema pensionistico”.
I lavoratori stessi attendono con ansia tale incontro, in quanto temono cosa riserverà loro il Governo post quota 100, la categoria più colpita dal 2022 sarebbe quella dei nati dal 1955 e fino al 1959. Ad oggi si conoscono le proposte dei sindacati che concordano sulla necessità di una flessibilità in uscita dai 62 anni d’età, sulla quota 41 per tutti indipendentemente dall’età anagrafica, sulla proroga dell’opzione donna e dell’ape sociale, sulla valorizzazione dei lavori di cura e sulla risoluzione del dramma degli ultimi esodati, ma nulla si sa, se non qualche indiscrezione, sulle intenzioni dell’esecutivo.
I rumors circolanti vedrebbero tra le ipotesi possibili quella di una doppia flessibilità in uscita dai 62 anni per i lavoratori gravosi ed usuranti con 36/37 anni di contributi e senza penalità, e dai 64 anni per gli altri lavoratori, che avrebbero, stando alle indiscrezioni emerse su ‘’Il Sole 24 Ore’ la possibilità di accedere alla quiescenza con 38 anni di contributi, a fronte, però di una penalizzazione dell’assegno ultimo per ogni anno di anticipo rispetto ai 67. Una proposta che avrebbe un occhio di riguardo per alcune categorie maggiormente disagiate, e che permetterebbe anche agli altri di evitare lo scalone di 5 anni, ma che porterebbe con sé una penalità di 1-2 punti percentuali per ogni anno sotto i 67.
Ma i lavoratori, questo sarebbe bene il Governo comprendesse prima di legiferare, sarebbero davvero disposti a tale taglio pur di uscire anzitempo dal lavoro o vedrebbero tale proposta come l’ennesima ‘beffa’ ai loro danni?
Al momento è presto per dirlo, in quanto quelle sopra esposte sono solo indiscrezioni che attendono ancora conferme, quel che è certo è che i lavoratori, specie quanti sono stati esclusi in precedenza, si pensi ai precoci, troppo giovani per poter accedere alla quota 100 ma con alle spalle ben 41 anni di contributi, attendono giustizia e sperano emergano soluzioni ad hoc nel prossimo tavolo di confronto col Governo.
Carlo Saccomando