Tra le tematiche che continuano a tenere banco in questo nuovo anno vi sono certamente la riforma delle pensioni, specie alla luce dell’approvazione della Legge di Bilancio, quanto le difficoltà nel mondo del lavoro determinate dagli effetti del Coronavirus, nei giorni scorsi la stessa Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro, aveva posto l’attenzione sull’importanza di proseguire con la cassa integrazione anche oltre il 31 marzo e sulla necessità di imporre lo stop ai licenziamenti, altrimenti il rischio, come lo stesso Cesare Damiano conferma é quello di trovarsi dinanzi moltissimi nuovi disoccupati. Alla luce di un quadro sociale emergenziale, sarebbe opportuno, fa notare l’ex Ministro del lavoro, puntare a tutta una serie di interventi che abbiano come scopo primario quello di tutelare i lavoratori, specie quelli impiegati in aziende con settori in crisi e che consentano, raggiunta la soglia dei 60 anni d’età, di poter accedere, attraverso dei meccanismi di flessibilità in uscita, alla pensione. Per il consigliere dell’ Inail oltre alla Cig per i lavoratori dipendenti e autonomi e al blocco dei licenziamenti, andrebbe trovata con urgenza una soluzione che individui un nuovo ammortizzatore sociale universale e appunto una sorta di flessibilità previdenziale in uscita. Vediamo in dettaglio le ultime dichiarazioni dell’onorevole Cesare Damiano.
Damiano da tempo propone misure per la flessibilità in uscita, tutti ricorderanno la sua proposta Damiano-Gnecchi-Baretta del 2013, nota come il Ddl 857 in cui si proponeva oltre alla quota 41 per tutti indipendentemente dall’età anche un’uscita flessibile dai 62 anni a fronte di una minima penalizzazione pari al 2% per ogni anno di anticipo, oggi la proposta come ha fatto notare lo stesso Damiano potrebbe essere rivisitata, alla luce anche dei dati epidemiologici, in questi termini: Resa strutturale dell’Ape sociale e ampliamento categorie in essa contenute con l’introduzione di nuove tipologie di lavori gravosi che potrebbero ricomprendere quanti sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia per i quali non sarebbe prevista alcuna penalità e potrebbero dunque uscire dai 63 anni. Mentre quanti non rientrerebbero in tali categorie di lavori potrebbero vedere una penalità del 2-3% sull’assegno ultimo per ogni anno di anticipo. Nell’ultima nota stampa, La Presse, Damiano é tornato a parlare di riforma pensioni e soprattutto dell’importanza di una flessibilità in uscita, che a suo dire dovrebbe vedere un anticipo addirittura ai 60 anni per quanti corrono il rischio di perdere il lavoro.
Questo sarebbe l’unico modo insieme allo stop ai licenziamenti ed alla proroga della Cassa integrazione per evitare, attraverso una visione strategica, una nuova ondata di licenziamenti. Così Damiano: “Accanto alla Cig per i lavoratori dipendenti e autonomi e al blocco dei licenziamenti, va trovata con urgenza una soluzione che individui un nuovo ammortizzatore sociale universale e forme di flessibilità nel sistema previdenziale che consentano di anticipare la pensione a coloro che, giunti alla soglia dei 60 anni di età, corrono il rischio di perdere il lavoro. Occorre una visione strategica e non semplicemente dei tappabuchi“. Ma questo potrebbe non bastare ecco perché per Damiano sarebbe necessaria un urgente ammortizzatore sociale universale. Le sue parole al riguardo.
“Nella legge di Bilancio ci sono numerosi interventi che riguardano il lavoro dipendente e autonomo. Una parte di queste tutele scade però nei primi mesi dell’anno”. Poi specifica: “Adesso sta per arrivare una riscrittura del Recovery Plan da parte di Conte e Gualtieri. Mi auguro che il nuovo testo non sia solo una risposta alla crisi esistenziale di Renzi, ma un patto per il Paese, in grado di rimetterlo sulla strada della crescita. Un capitolo indispensabile è quello sul lavoro: lo sforzo fin qui prodotto non è ancora sufficiente perché la crisi economica e la pandemia dureranno a lungo. Se questa è la previsione, non possiamo accontentarci di tutele di corto respiro. Le risorse per la Cassa Integrazione e per le altre tutele devono riguardare tutto il 2021. In caso contrario, si rischierebbe una ondata di licenziamenti.
Questa nuova architettura sociale ha bisogno di un confronto in Parlamento ma, soprattutto, del coinvolgimento delle parti sociali, poi conclude: “Piaccia o non piaccia, di fronte a una crisi così profonda, è tornato il tempo della concertazione e della massima coesione sociale”.
Erica Venditti