Cosa possono avere in comune, se analizziamo più in profondità, due contesti completamente differenti per situazione ed orientamento politico, e perché si parla in questi giorni su ogni media di segnali forti ed importanti? I due casi non sono mai stati affiancati tra loro e forse l’analisi che cercheremo di fare per taluni potrebbe essere vista come una forzatura, ma mi pare in fin dei conti che un aspetto unifichi i due casi, l’uso smodato della violenza da parte di chi dovrebbe, invece, difendere i cittadini.
Proviamo ad analizzare le due storie ed i rispettivi protagonisti che abbiamo citato nel titolo: Aleksey Navalny è detenuto in una prigione russa come oppositore politico, nonostante rischi di morire a causa delle sue condizioni di salute cagionevoli post avvelenamento e sebbene si susseguano manifestazioni per la sua liberazione, lo scopo chiaro del regime relativamente al diniego della stessa è quello di emarginare ed eliminare, in modo pubblico e con l’uso della forza dei ‘potenti’, come il divieto di visite mediche, i dissidenti politici.
Il secondo caso che sta destando clamore, invece, è il verdetto di condanna della Corte di Minneapolis nei confronti del poliziotto, Derek Chauvin, colpevole di aver ucciso George Floyd, cittadino afroamericano di colore, premendogli il collo con il ginocchio per oltre nove minuti, fino a farlo soffocare. Anche In questo caso va segnalato l’abuso di potere e l’abuso delle armi da parte delle forze dell’ordine del Paese più democratico e civile del mondo, nella lunga a datata stagione di discriminazione razziale della comunità afroamericana.
I due episodi temporalmente concomitanti possono fornire allora una buona opportunità per rilanciare un messaggio forte, che come media ancor più è doveroso dare: è necessario opporsi ad ogni forma di violenza, specie se perpetrata a nome dello Stato o di una comunità, di una etnia.
Dalla presentazione dei due eventi, fatta a regola d’arte da Francesco Provinciali, già dirigente ispettivo Miur e giudice minorile, emerge la gravità dei casi e l’abuso di potere di cui parlavamo. Lo ringraziamo per essersi prestato a raccontarci in quest’ottica due tematiche di non facile comprensione. Iniziamo quest’oggi con lo scritto e la disamina su Navalny, a cui seguirà la seconda parte, che per questioni di spazio proporremo in un secondo articolo, relativa alla condanna di Derek Chauvin. Buona lettura:
“Secondo l’agenzia Adnkronos, Dasha Navlnaya, figlia studentessa del dissidente russo Aleksey Navalny avrebbe lanciato un appello alle autorità russe affinché il padre –dopo l’arresto del 31 gennaio, su ordine della Procura di Mosca per il Fondo anti-corruzione capeggiato dal dissidente, mentre faceva ritorno dalla Germania dove era stato per curare il suo avvelenamento e poi detenuto da febbraio nella prigione di Pokrov -Ik-2 della regione di Vladimir a 100 km da Mosca , un penitenziario dal regime carcerario durissimo e infine in sciopero della fame dal 31 marzo u.s. – possa essere subito visitato un medico.
Intanto la portavoce di Navalny – Kira Yarmish- ha annunciato che Aleksey “sta morendo e che ciò, nelle condizioni in cui si trova, è ormai solo questione di giorni”. Circostanza peraltro confermata dal medico personale di Navalny, la dottoressa Anastasia Vasilyeva, sostenuta in questa valutazione da altri tre colleghi sanitari, tra cui un cardiologo. Il pericolo incombente – aggravato da una presenza eccessiva di potassio nel sangue – è quello di un arresto cardiaco che può avvenire in qualunque momento, data la concomitante compromissione della funzionalità renale e il pregresso lento avvelenamento che Navalny accusa di aver subito e che gli ha provocato dolori alla schiena e una riduzione di sensibilità agli arti.
Circostanza che sarebbe inevitabilmente acclarata in tutta la sua evidenza clinica da una visita medica “terza” che dunque al momento viene ancora negata.
Nel frattempo cresce la mobilitazione tra i sostenitori del dissidente russo, capeggiati da Leonid Volkov che sui social ha invitato i russi a scendere in ogni piazza e a manifestare: ormai non è più solo questione di esprimere un dissenso sulla violazione delle libertà personali e ideologiche dalla linea dura di Putin che punta alla emarginazione di coloro che si oppongono al regime: è questione di vita o di morte senza ulteriori interlocuzioni di tipo politico.
Proprio nei prossimi giorni, forse mercoledì 21 aprile, è previsto un discorso alla nazione di Putin ed è intenzione di Volkov, considerato l’erede politico di Navalny se il dissidente dovesse veramente perdere la vita in carcere, organizzare in tale circostanza la più eclatante, diffusa e sostenuta espressione di protesta per la quale pare abbia raggiunto finora circa 500 mila firme di adesione.
Insomma il tempo stringe per salvare in extremis la vita di Navalny, circostanza che i suoi più fedeli amici e sostenitori ritengono purtroppo improbabile considerate le notizie che filtrano dal carcere.
Biden, Usa: inaccettabile ed ingiusta questa detenzione
Lo stesso Presidente americano Biden ha definito inaccettabile, inappropriata e ingiusta questa situazione di detenzione, di incuria e di stato di debilitazione del detenuto per ragioni di opposizione alla linea assunta da anni dal leader russo: peraltro già da giorni aveva pubblicamente definito Putin “un assassino” e aveva approntato sanzioni contro la Russia.
Gelida e raggelante la risposta del numero uno del Cremlino: “gli auguro di stare bene”, che potrebbe persino sinistramente suonare come una sorta di velata minaccia personale. Ma il commento del Consigliere per la sicurezza nazionale di Joe Biden – Andrew Sullivan- non lascia spazio ad ammorbidimenti nella linea che gli USA stanno tenendo sulla vicenda: egli infatti ha reso noto di aver comunicato al governo russo che le modalità durissime di detenzione del prigioniero politico sono inaccettabili e che la custodia inadeguata e disumana di Navalny sarà oggetto di reprimenda da parte dell’intera comunità internazionale. “Ci saranno conseguenze politiche se Navalny muore in carcere, misure durissime che stiamo valutando”.
Come riferisce “Il Fatto quotidiano” …. “La mobilitazione per Navalny è arrivata anche da settanta artisti , scrittori e attori, fra cui i premi Nobel per la letteratura Svetlana Alexievitch e Salman Rushdie, che hanno pubblicato un appello a Vladimir Putin affinché vengano prestate cure mediche urgenti all’oppositore” mentre oltre ad essi si registra la presa di posizione pubblica di Vanessa Redgrave a favore dell’oppositore detenuto.
Il mondo segue con il fiato sospeso questa vicenda personale del dissidente russo.
Ad est dell’Europa non sembrano giungere buone notizie: il mismatch tra geopolitica e geoeconomia ha creato scompiglio e disallineamenti coperti da molti coni d’ombra.
Il ritrovato interesse degli USA verso una ‘politica di attenzione’ nei confronti del vecchio continente e di rafforzamento delle alleanze internazionali potrebbe essere un segnale di svolta rispetto al cedimento dimostrato da alcuni Paesi dell’U.E nei cfr. di disegni economici risultati prevalenti sugli assetti politici consolidati. Mentre resta tutta da chiarire l’origine della pandemia che ha sconvolto il pianeta”
Seguirà la parte relativa al secondo caso, ad opera sempre di Francesco Provinciali, che non possiamo far altro che ringraziare per questi interessanti spunti di riflessione.