È stato condannato a 20 anni di carcere Suleiman Adams, 33enne ghanese reo confesso dell’omicidio e della violenza sessuale nei confronti di Agitu Ideo Gudeta, rifugiata etiope di 42 anni allevatrice di capre di razza mochena residente a Frassilongo, in provincia di Trento.Nella sentenza con rito abbreviato il Gup Enrico Borrelli ha spiegato che l’uomo è stato condannato a 15 anni e otto mesi per omicidio volontario e a quattro anni e quattro mesi per violenza sessuale.
Inoltre dovrà corrispondere 50mila euro da versare a tutte le parti civili, cioè i fratelli e le sorelle della vittima. Per Adams, all’epoca dei fatti collaboratore della vittima nel ruolo di pastore, è stata disposta l’interdizione in modo perpetuo dai pubblici uffici, libertà vigilata per 3 anni ed espulsione a pena espiata.
Alla vigilia del processo il pm Giovanni Benelli aveva chiesto al Gup di applicare la pena di 19 anni e quattro mesi di reclusione nei confronti del ghanese che il 29 dicembre del 2020 ha ucciso l’imprenditrice etiope. nello specifico la richiesta presentata dall’accusa era di infliggere 22 anni e 6 mesi per omicidio volontario e 6 anni e 6 mesi per la violenza sessuale, meno lo sconto di pena di un terzo prevista dalla formula del rito abbreviato.
All’agenzia LaPresse l’avvocato Andrea De Bertolini, che con i colleghi Elena Biaggioni e Giovanni Guarini ha rappresentato i familiari della vittima si è dichiarato molto soddisfatto per la sentenza: “È una soddisfazione giuridica, nulla potrà ripagare la tragedia. Agitu, una donna che per tutta la nostra comunità è stata vero esempio di integrazione, di riscatto personale, anche legato al dolente vissuto di rifugiata. Un esempio di coraggio e forza interiore”.
De Bertolini ha inoltre definito Agitu un simbolo di laica e moderna emancipazione e ha evidenziato come questo omicidio, con movente sessuale, sia stato per tutta la comunità trentina “ragione di autentica compartecipata sofferenza“.
In passato Agitu aveva frequentato la facoltà di sociologia all’università di Trento e poi era rientrata in patria. Nel 2010 era stata costretta a rientrare nel Belpaese per scampare alle persecuzione in Etiopia. In Italia era diventata simbolo di integrazione grazie al successo della sua azienda agricola bio la ‘Capra Felice’: aveva a disposizione undici ettari di terra nella Valle dei Mocheni in cui pascolavano 80 capre autoctone.