Ormai è una certezza: la domanda di petrolio a livello internazionale non riuscirà più a raggiungere i livelli toccati prima della pandemia da Coronavirus, la cui evoluzione è ancora una grande incognita. Infatti, nel 2020 la produzione di greggio è già arrivato a quello che viene considerato il suo picco più alto.
Il problema è che, dal punto di vista climatico, questa notizia potrebbe anche non essere sufficiente per raggiungere gli obiettivi che sono stati prefissati, soprattutto se non ci sarà una linea molto più rigido a livello politico per combattere le emissioni di anidride carbonica.
Anche se all’apparenza potrebbe apparire delle previsioni realizzate da parte di chi lavora per qualche associazione ambientalista, in realtà queste dichiarazioni arrivano direttamente dallo staff di analisti che operano per British Petroleum. Stiamo parlando di uno tra i più importanti produttori in tutto il mondo di idrocarburi, così come si tratta della prima big oil company che ha deciso di accettare la nuda e cruda realtà emersa nel 2020, ovvero che il petrolio abbia ormai intrapreso la strada del declino.
È chiaro che l’unico aspetto che provoca ancora dubbi e discussioni è solamente legato ad un fattore tempistico. C’è da capire per quanto tempo, infatti, verrà ancora impiegato il petrolio, così come quale potrà essere l’inclinazione di un programma che inevitabilmente comporterà un maggiore uso delle fonti rinnovabili e, stando anche a quelle che sono le ultime previsioni che sono state diffuse da parte di vari team di esperti, anche dell’idrogeno.
Ebbene, il documento, che interessa ovviamente anche a chi vuole sapere come investire sul prezzo petrolio, che potrebbe davvero porre un punto di chiusura alla questione su questa tematica è quello rilasciato da British Petroleum, almeno potenzialmente. Secondo quanto realizzato dagli analisti di una tra le più importanti e conosciute big oil companies, ecco che il picco della produzione di petrolio, in realtà, è già stato ampiamente toccato. Anzi, in realtà ci troviamo in una fase già successiva rispetto a tale picco.
Senza ombra di dubbio, a dare un’accelerata a tutto questo processo di cambiamento, ha avuto un ruolo importante la pandemia da Coronavirus. Non solo, dato che il Covid-19 ha, di fatto, portato in dote pure un crollo verticale della domanda di petrolio come mai era successo prima d’ora.
Volete un esempio? La domanda che si riferisce unicamente al campo dei trasporti, come è stato messo in evidenza all’interno del report svolto con cadenza annuale da parte di BP, è in forte calo, semplicemente per via del fatto che vengono organizzati molti meno viaggi a breve termine. E, a lungo termine, l’incremento fatto registrare nelle vendite dai veicoli elettrici è un altro elemento che incide e non poco.
Non è stato sufficiente, però, snocciolare tutti questi dati, dal momento che il documento che è stato redatto da British Petroleum, è sempre bene sottolinearlo, ha lanciato l’allarme: i governanti non stanno facendo abbastanza per evitare il climate change e per ridurne gli effetti negativi. Il motivo? Molto facile: il gas naturale rivestirà certamente un ruolo di primo piano nel corso del prossimo trentennio, dal momento che andrà a sostituire il carbone, in modo particolare nelle economie emergenti.
Eppure, questa mossa potrebbe non essere affatto sufficiente, anche se eolico, da sempre definito come settore chiave per la ripresa economica, e solare stanno crescendo in maniera notevole. Serve prendere in considerazione, ora più che mai, misure importanti dal punto di vista politico, ma anche delle scelte energetiche che vadano finalmente in direzione di una più bassa emissione di carbonio, sia per quanto riguarda le imprese che in riferimento ai consumatori.