La professoressa Elsa Fornero ha detto che “ci vorrebbe una Greta Thunberg per il sistema previdenziale, qualcuno capace di creare la stessa passione creata da Greta sull’ambiente nei confronti dei temi dell’insostenibilità finanziaria, come temi che riguardano il futuro dei nostri figli”.
Qualcuno senza figli, deluso dalla politica, sfiduciato dei sindacati, defraudato di ciò che gli spetta potrebbe rispondere alla Fornero con la domanda provocatoria di Groucho Marx “Perché dovrebbe importarmi delle generazioni future? Cosa hanno fatto loro per me?”
È difficile rispondere a Groucho Marx. Ma è facile rispondere ad Elsa Fornero.
La professoressa Fornero di certo non ha avrà dimenticato l’incipit del suo Articolo 34 dal titolo Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici: “Le disposizioni del presente articolo sono dirette a garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l’Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo”.
Forse Greta Thunberg direbbe che “l’Unione Europea si dovrebbe prefiggere obiettivi e parametri che affianchino il Pil. Una sorta di Bes (benessere equo e sostenibile) europeo, che sia cucito sulla particolarità di ogni popolo dell’Unione. I parametri finanziari adottati dall’Unione Europea (debito/Pil, deficit/Pil, inflazione) potrebbero essere utili al massimo per i conti finanziari. Ma oltre al fatto che non lo sono, non esauriscono l’insieme di ciò che ci rende felici”.
Forse Greta Thunberg direbbe che “la dimensione del debito pubblico, il suo rapporto con il Pil e quello del deficit/Pil stanno tormentando le nostre esistenze. Esistono ragioni specifiche per perseguire tali misure? Vale la pena domandarselo perché il debito pubblico non può diventare la scusante né per le politiche di austerità, né per rendere le future generazioni serve del debito come «servi della gleba» o peones, costretti cioè a lavorare per ripagare gli oneri finanziari sul debito”.
È il professor Mauro Gallegati, sostenitore della “acrescita” (un’alternativa alla teoria economica dominante), secondo il quale la crisi che ci attanaglia dal 2008 mostra come la crescita infinita del Pil non sia sostenibile, e come il pianeta non sia in grado di tollerarla.
La voce di Greta ci avverte che la Terra si infiamma, ma si leva inascoltata nel silenzio dei ghiacci che si sciolgono. La voce di Mauro Gallegati ci avverte che la Terra non tollera che si consumino risorse per giustificare altra produzione da consumare, ma si leva inascoltata tra le voci di coloro che ripetono da tempo “ora pensiamo alla crescita”.
Comunque andranno le cose, la Terra saprà regolarsi da sé. E i sistemi economici si regoleranno di conseguenza.
Claudio Maria Perfetto