• 23 Dicembre 2024
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Papa Francesco e la sua costante attenzione per l’Europa

Un evento di questi giorni settembrini è occasione per una serie di considerazioni sul legame che unisce in modo molto stretto papa Francesco all’Unione Europea e soprattutto all’Europa che, del resto, è stato un continente con un legame molto stretto con la Chiesa di Roma per tutta una catena di motivi, a volte anche conflittuali.

Il fatto che ci spinge ad esaminare questo rapporto tra il papa e l’Europa è la riunione del Consiglio delle Conferenze Episcopali dell’Europa, che si sta svolgendo a Roma dal 23 a 26 settembre. Il programma ha previsto anche una visita al Quirinale dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, visita che si è realizzata proprio ieri venerdì. Tra l’altro, è opportuno anche sottolineare che quest’organismo della Chiesa Cattolica Europea compie quest’anno il suo cinquantesimo compleanno, essendo infatti stato istituito nel 1971.

Prima di tracciare qualche sottolineatura sulle caratteristiche del rapporto tra Francesco e l’Europa, ritengo utile fare alcuni cenni per cogliere le specifiche fondamentali del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa.

Spunti sulla funzione del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa

L’origine è da collocare alla fine degli anni Sessanta del Novecento. Appena dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, in tutte le realtà periferiche, soffiò forte il vento delle comunità locali e si sentì molto l’esigenza di creare organismi territoriali in grado di rendere vive le Chiese locali. Il Concilio aveva autorevolmente suggerito la necessità di cogliere gli stimoli che venivano dal territorio. Ai Padri Conciliari infatti era sembrato che a volte Roma con i suoi documenti a volte dava la sensazione di essere molto lontana e quindi priva della sensibilitàche invece era necessaria per capire le problematiche della periferia.

Non è un caso se proprio in questo periodo trovano spazio le conferenze episcopali dei singoli stati e non è un caso se proprio in questo periodo nascono, a livello decentrato, una serie di organismi, che prendono per motto la famosa frase che è il titolo della lettera, destinata a passare nella storia, del cardinal Michele Pellegrino, “Camminare Insieme”. Tra le altre cose non si deve dimenticare che proprio in questi anni S. Paolo VI istituisce il Sinodo della Chiesa che, secondo le indicazioni papali, doveva servire – e ancora oggi ha questo compito – come istituzione in grado di fornire indicazioni operative al pontefice. Pur essendo le indicazioni del Sinodo non vincolanti per il papa, potevano – e possono – senza dubbio contribuire a formare le decisioni dello stesso.

Le Conferenze Episcopali, formate da tutti i vescovi di uno stato, sono un prodotto del Concilio. Per quanto riguarda l’Europa poi, era necessario affrontare un ulteriore problema. Da qualche anno, precisamente dal 1958, con i trattati di Roma, era nata l’Unione Europea, una realtà sovrannazionale, con la quale, in qualche modo, era opportuno, ma soprattutto doveroso, incominciare a dialogare, tenendo pure presente la situazione sociale dell’Europa stessa. Non deve infatti sfuggire a nessuno che la Chiesa Cattolica nel Vecchio Continente rappresenta una minoranza, anche se il peso della sua posizione, da un punto di vista storico, è rilevante.

Per trovare una soluzione a questa difficoltà, fu accolta una proposta di un monsignore francese, che sarebbe poi diventato vescovo di Parigi e cardinale, Roger Echegaray, il quale propose riunioni periodiche di rappresentanti delle Conferenze Episcopali dei singoli stati. L’idea piacque a Paolo VI che l’approvò. Nacque così il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE). Anche il successore di Paolo VI, Giovanni Paolo II, confermò la valutazione positiva fatta da papa Montini e invitò la CCEE a continuare. Introdusse solo una parziale modifica relativa alla sua composizione, precisando l’opportunità della presenza nel Consiglio di tutti i presidenti delle Conferenze Episcopali nazionali.

Attualmente il CCEE è composto da 39 membri, di cui 33 sono presidenti delle Conferenze Episcopali. A questi si aggiungono gli arcivescovi del Lussemburgo, del principato di Monaco, l’arcivescovo maronita di Cipro, il vescovo Chisinau (Moldavia) e il vescovo della eparchia di Mukachevo in Ucraina e dell’amministrazione apostolica dell’Estonia. Come si vede, il Consiglio è espressione di tutte le comunità nazionali cattoliche dell’Europa. Va sottolineato un fatto non marginale: è importante questo collegamento sovranazionale perché serve a rendere più efficaci i messaggi che la Chiesa di Roma intende trasmettere alle comunità dell’Europa, comunità che vedono i cattolici in sostanziale e significativa minoranza perché, come ho già osservato, i cattolici hanno avuto un ruolo che per molti secoli era certamente significativo, ma che oggi non ha più l’efficacia del passato.

Da un punto di vista delle finalità statutarie il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa si propone – come recita la sua carta fondamentale – di promuovere “l’esercizio della collegialità nella comunione gerarchica cum et sub romano pontifice, a favorire una più stretta cooperazione tra i vescovi e le Conferenze Episcopali, per promuovere e ispirare la nuova evangelizzazione, a contribuire al dialogo ecumenico per l’unità dei cristiani, a offrire una testimonianza ecclesiale nella società europea”. Questo passo riportato integralmente può anche essere riassunto con un’espressione che potrebbe piacere a papa Francesco: obiettivo fondamentale del CCEE è quello di costruire in Europa una Chiesa sinodale.

Per chiudere questo paragrafo aggiungo che due italiani hanno avuto l’onore e l’onere di essere chiamati alla presidenza: il cardinale Carlo Maria Martini, negli anni Ottanta del Novecento, ed il card. Angelo Bagnasco, in quest’ultimo periodo. Per la precisione Bagnasco è anche l’attuale presidente.

Papa Francesco
Papa Francesco

Papa Francesco e l’Europa

Francesco guarda con molta attenzione all’Europa e non perde occasione per ribadire che dal vecchio continente possono arrivare collaborazioni importanti perché la sua ricchezza di esperienze, legate anche alle sue non trascurabili risorse economiche, possono contribuire a creare quella giustizia mondiale che da più parti si auspica.

Credo che il punto di partenza della riflessione di Francesco sia storico: è infatti il suo un richiamo alle radici dell’Europa, perché con queste ab origine si intrecciano le radici della Chiesa. Non può sfuggire a nessuno che le origini dell’Europa sono origini cristiane. Un serio esame del passato porta alla dimostrazione di questo legame, che può sicuramente essere utile anche oggi per riscoprire una serie di valori da mettere alla base di un nuovo umanesimo.

Dalle radici al nuovo umanesimo

Non è certamente facile riassumere il pensiero di papa Francesco sull’Europa. Guardando i documenti ed i suoi interventi, è comunque possibile tentare una sia pur parziale sintesi. Innanzitutto Francesco riconosce un ruolo dell’Europa partendo da elementi molto profondi e pure molto lontani che hanno segnato il cammino di questo continente nei secoli e nei millenni.

La Grecia, in primo luogo, con il suo costante bisogno di verità, ha contribuito ad un pensiero destinato a diventare filosofia universale; in secondo luogo Roma, con il suo innato bisogno di giustizia, ha generato un diritto, quello romano, che ha finito per condizionare con un peso non marginale tutte le istituzioni civili; in terzo luogo il Cristianesimo, con il suo bisogno di eternità, ha prodotto effetti nel patrimonio di fede, di arte, di cultura in tutte le generazioni.

Se questi valori nei secoli hanno inciso sul destino dell’umanità, oggi sembrano però essere disattesi o almeno non presi in considerazione per l’importanza che hanno. Tra l’altro non solo i paesi extraeuropei tendono a scartarli, ma tanti anche in Europa per miopia culturale non sono più portati a valutarli in termini positivi. Questo misconoscimento dell’importanza delle radici va superato secondo Francesco.

Il papa infatti ritiene che l’Europa debba, come istituzione, tornare ad evidenziare questo suo contributo perché non rappresenta solo un passato che serve a riempire dotte pagine dei libri di storia, o che diventa fotografia per un “album di ricordi”. Deve l’Europa riprendere questa sua storia con slancio carico di ideali perché, tra tutte le altre cose, si deve aggiungere che oggi il mondo ha bisogno di un’Europa unita, che sia in grado di portare, partendo dalla sua esperienza passata, un incisivo messaggio di solidarietà.

Poiché l’Europa è un’entità storicamente definita e carica di valori, può certamente contribuire alla creazione e successivo consolidamento di un nuovo umanesimo, che sia in grado di introdurre una visione nuova dell’uomo. Da un punto di vista storico, l’Europa è già stata madre di un primo umanesimo, che essenzialmente ha posto al centro delle sue attenzioni l’uomo, considerato come artefice del suo destino (homo faber fortunae suae). Questo tipo di filosofia è servita a dimostrare i valori che sono nel singolo, ma nei secoli ha messo anche in evidenza i limiti della persona che da sola non può fare molta strada.

Il nuovo umanesimo non solo dovrà puntare allo sviluppo integrale dell’uomo, nel senso che dovrà tenere conto di tutte le sue caratteristiche, ma dovrà anche avere molta attenzione dei rapporti che l’uomo, nella società attuale, è chiamato a sviluppare. Non sfugge infatti a nessuno che l’uomo non è più un’isola; egli si trova inserito in una rete di rapporti che lo fanno sentire cittadino del mondo. L’uomo contemporaneo, per alcuni aspetti, sta vivendo un nuovo ellenismo, carico di fascino ma anche di angosce e paure.

Anche l’Europa, come soggetto protagonista , deve prendere atto di questa nuova realtà sociale e può, proprio per la sua storia vissuta, contribuire alla costruzione di una nuova comunità. In questo contesto i cattolici, e quindi la Chiesa cattolica, con le sue strutture organizzative, può dare un contributo. Si tratta ovviamente di un contributo parziale, che deve essere collegato ad altri interventi, sicuramente idonei ad esprimere altre sensibilità, che non possono essere considerati alternativi ma complementari. Del resto, mi piace, a questo proposito, ricordare la corretta traduzione in italiano del titolo dell’enciclica “Mater et Magistra”, di Giovanni XXIII che diventa “Madre e Maestra” senza nessun articolo determinativo, proprio per indicare che possono esistere una pluralità di insegnamenti, cosa che non si sarebbe evidenziata se la traduzione fosse stata “La Madre e la Maestra”.

Papa Francesco in mezzo ad un gruppo di giovani

Gli obiettivi da salvaguardare per papa Francesco

Ho trovato, in un documento dell’anno scorso (22 ottobre 2020), per la precisione “la lettera del Santo Padre Francesco sull’Europa a sua Eminenza il signor Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato”, una puntuale traccia di quelli che sono “i sogni” di papa Francesco sull’Europa. Eccoli per sommi capi:

  1. L’Europa deve ritrovare i suoi ideali. Sotto questo punto di vista, Francesco riprende le tematiche del suo predecessore, Giovanni Paolo II che, nell’atto europeistico di Santiago di Compostela, il 9 novembre 1982, ebbe a tuonare “Europa ritrova te stessa, sii te stessa”. In un mondo che cambia rapidamente, c’è il rischio di perdere la propria identità.
  2. È necessario che l’Europa riaffermi la sua convinzione sui valori della persona e sull’impegno a garantire tutti i diritti della persona dal concepimento alla morte. In questo ambito, il contributo delle comunità cattoliche per tramite degli organismi che le rappresentano ai vari livelli – e per esse del Consiglio – è molto importante, vista la tendenza culturale assai diffusa relativamente alle tematiche collegate all’aborto e al fine vita. Il richiamo di Francesco alla persona viene fatto anche perché la Chiesa Cattolica deve sottolineare sempre che l’uomo è protagonista della vita e non è un oggetto nelle mani dei poteri economici.
  3. Se la persona deve essere salvaguardata, non è pensabile una scarsa considerazione nei confronti della famiglia. Non solo è doveroso e necessario pensare anche alla tutela delle nazioni, che è per papa Francesco la famiglia delle famiglie favorendo dunque la collaborazione tra gli stati europei, in quanto componenti della famiglia europea.
  4. Non è sufficiente pensare alla nazione o alla famiglia delle nazioni. Si nota troppo spesso una volontà di collaborazione tra le varie componenti dell’Europa, ma viene sovente fuori purtroppo anche una visione priva di solidarietà. Qui Francesco introduce una serie di preoccupanti sottolineature. Gli stati europei, presi ovviamente da valutazioni basate sull’egoismo, non sono spessodisposti ad affrontare tutte le gravi problematiche legate al fenomeno dei migranti. La diffidenza verso i migranti non ha nessun fondamento.
  5. L’attenzione ai giovani, che sono il presente dell’umanità e quindi dell’Europa.Con tutte queste sottolineature papa Francesco affronta la realtà europea, pur sapendo che la Chiesa Cattolica in Europa rappresenta una minoranza, anche se carica di storia.

Prof. Franco Peretti
Cultore di storia della dottrina sociale della Chiesa

Franco Peretti

Professore ed esperto di diritto europeo

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