VENEZIA. Nella splendida Venezia sorge quello che probabilmente è il simbolo dell’incantevole città italiana: il Palazzo Ducale, conosciuto anche come Palazzo dei Dogi, oggi sede museale. Il nome si rifà alla figura che per oltre mille anni è stata a capo della Repubblica di Venezia, e cioè il doge, uno degli antichi saggi della città. Questo comandante, anticamente duca del dominio bizantino, poi sovrano elettivo, nei secoli trasformatosi in supremo magistrato e immagine della maestà dello Stato, nel tempo perde, però, potere: l’ultimo doge, Ludovico Manin, abdica nel 1797, durante l’ingresso delle truppe di Napoleone Bonaparte, che pongono fine all’antica Repubblica.
I lavori che hanno donato l’aspetto attuale al palazzo, capolavoro gotico che sorge in piazza San Marco, iniziano intorno al 1340 sotto il doge Bartolomeo Gradenigo (1339 – 1343), ma le funzioni del Palazzo Ducale, simbolo e cuore della vita politica e amministrativa, cambiano dal 1797, anno in cui la Serenissima cade. Da allora si succedono in città la dominazione francese e quella austriaca , fino all’annessione all’Italia, nel 1866. In questo periodo il palazzo diviene sede di diversi uffici, oltre a ospitare per quasi un secolo la Biblioteca Nazionale Marciana, una delle più grandi biblioteche italiane e la più importante di Venezia, e altre importanti istituzioni culturali della città.
Lo stile del palazzo è stato influenzato dalle architetture bizantina e orientale, a dimostrazione del fatto che Venezia ha avuto nei secoli profondi rapporti commerciali e culturali con gli altri stati europei. A risaltare lo splendore della struttura contribuisce una mole maestosa del corpo principale sorretta da colonnati intarsiati apparentemente esili. Negli interni attualmente non si trovano le opere che un tempo li decoravano, ma è conservata un’ampia pinacoteca con lavori dei più famosi maestri veneziani, tra cui Tintoretto.
Ricostruito dopo diversi incendi che lo colpirono, Palazzo Ducale è costituito da diversi ambienti, tra cui, le scale monumentali (tra cui quella dei Giganti), il Museo dell’Opera, numerose sale interne, gli ambienti giudiziari, quelli dell’amministrazione, la Sala del Senato, la chiesetta, l’armeria, e le prigioni sotterranee. Queste ultime, nominate “Pozzi”, si trovano al disotto del livello dell’acqua, ed erano destinate ai prigionieri di condizioni inferiori – proprio perché umide e malsane -, rinchiusi in celle oscure. Sui muri i detenuti lasciavano scritte che testimoniavano la loro disperazione. Tra i “Piombi” (prigioni al disotto del tetto del palazzo e delle sue coperture), invece, erano rinchiusi particolari prigionieri, quali nobili, e religiosi, tra cui anche Giacomo Casanova. Tutte queste prigioni erano direttamente collegate ai tribunali presenti nel Palazzo.
Simona Cocola