Secondo il giudice sussiste il pericolo di fuga ed è elevato il rischio di reiterazione del reato. Tra gli elementi che hanno spinto il Gip a questa decisione spicca "l'estrema violenza e determinazione" dell'omicidio e "l'incapacità di autocontrollo" del 16enne.
Convalidato il fermo per il sedicenne indagato per l’omicidio di Chiara Gualzetti, la ragazza scomparsa domenica 27 giugno e trovata senza vita il giorno successivo su un’altura del parco regionale dell’abbazia di Monteveglio. Il giovane continuerà a rimanere in carcere. È quanto stabilito dal Gip del tribunale per i Minorenni di Bologna che ha motivato l’applicazione della custodia dietro le sbarre sottolineando quanto sia concreto il rischio di fuga e particolarmente elevato il rischio di reiterazione del reato.
Secondo il giudice per le indagini preliminari, Luigi Martello, il sedicenne fermato “al momento appare capace di intendere e di volere“ soprattutto rispetto “a un reato il cui concetto illecito è di immediata percezione“. Il gip nonostante descriva la vita del ragazzo come “regolare costantemente condotta“, di “un ambiente familiare sostanzialmente adeguato” e un percorso scolastico che ha dato buoni risultati, evidenzia un lato oscuro dell’assassino che durante le indagini ha cercato di “nascondere le tracce del delitto e di negare le responsabilità” con “lucidi e freddi tentativi“.
Nel motivare l’applicazione della custodia in carcere per il rischio di reiterazione del reato il gip sottolinea la “mancanza di scrupoli, di freni inibitori, di motivazioni e segnali di resipiscenza” così come emerso dal tenore inequivocabile dei messaggi vocali inviati a un’amica subito dopo l’assassinio, in cui raccontava quanto aveva commesso.
Mentre il pericolo di fuga è stato argomentato non solo con la gravità ed efferatezza del folle gesto, ma il gip parla di “estrema violenza e determinazione“ e “incapacità di autocontrollo“, soprattutto perché inizialmente l’indagato ha tentato di depistare le indagini negando ogni responsabilità.
Dopo l’omicidio il giovane aveva nascosto i vestiti sporchi di sangue, lavato l’arma del delitto (un coltello da cucina prelevato in casa) e le scarpe. Inoltre si era sbarazzato del cellulare della vittima e aveva provveduto a cancellare immagini e messaggi dal proprio smartphone. Nel corso del primo interrogatorio aveva mentito agli inquirenti dichiarando che Chiara gli aveva confessato di avere un appuntamento con un un ragazzo conosciuto sui social. Il sedicenne è crollato, ammettendo la propria colpevolezza, solo dopo essere stato messo di fronte ad elementi di accusa “di eccezionale rilevanza”.
Il ragazzo durante gli interrogatori ha confermato di essere stato guidato da una “presenza demoniaca” che lo spingeva a compiere atti sempre più violenti verso le persone. Non è casuale che raccontasse di utilizzare spesso delle lenti a contato rosse, quasi a voler emulare il protagonista della sua serie tv preferita: Lucifer. Nella confessione davanti al gip ha inoltre ribadito che era infastidito dall’interesse della coetanea, della quale non era interessato e che Chiara aveva espresso il desiderio di morire. Desiderio che lui era pronto a soddisfare.
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri il ragazzo aveva manifestato evidenti segnali di disagio nell’ultimo periodo, tali da indurre la famiglia a farlo da uno psicologo, con il quale aveva già avuto tre incontri. Il professionista dopo l’ultimo appuntamento gli aveva consigliato di incontrare un neuropsichiatra: la visita con il professionista era già stata fissata ma sfortunatamente troppo tardi per evitare l’omicidio.
Chissà se l’eventuale incontro con il neuropsichiatra avrebbe potuto salvare la vita di Chiara. Ma in questo momento non è il caso di entrare nel campo delle supposizioni, soprattutto in un momento così doloroso per la famiglia, gli amici e per l’Italia intera che è rimasta profondamente turbata da questa triste storia. Adesso è il momento del raccoglimento e della riflessione, in attesa dei funerali di una giovane innocente piena di vita morta troppo presto.