Dopo tredici interminabili ore in camera di consiglio la Prima Corte d’Assise del Tribunale di Roma ha condannato all’ergastolo Finnegan Lee Elder e Gabriel Christian Natale Hjorth per l’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso in servizio nel luglio del 2019 a Roma.
Presenti in aula durante la lettura del dispositivo i due giovani americani, così come i parenti del militare e Rosa Maria Esilio, vedova del carabiniere, che ha seguito in prima persona l’intero percorso giudiziario, svolto in oltre 50 udienza, e che dopo la sentenza è scoppiata in lacrime. “Vorrei solo tornare a casa e trovarlo. Arrivare qui oggi è stato come arrivare in quell’ospedale“, ha commentato la donna fuori dall’aula. Poi ha aggiunto: “Non morirà mai più. È stato un lungo e doloroso processo. L‘esito non mi riporterà Mario, non lo riporterà in vita, non ci ridarà la nostra vita insieme. Oggi è stata messa la prima pietra per una giustizia nuova. L’integrità di Mario è stata dimostrata nonostante da morto abbia dovuto subire tante insinuazioni“.
L’accusa, rappresentata dalla pm Maria Sabina Calabretta e dall’aggiunto Nunzia D’Elia, aveva sollecitato l’ergastolo per entrambi gli imputati, rifiutando le attenuanti per la loro giovane età e l’essere incensurati. “Una sentenza severa, ma corrispondente al delitto atroce che è stato commesso“, ha commentato così la sentenza l’avvocato Franco Coppi, difensore di parte civile della famiglia Cerciello. “È una pena adeguata alla gravità del fatto, per i due imputati non hanno dato alcun segno di pentimento“.
I giudici hanno inoltre stabilito una provvisionale “immediatamente esecutiva” di quasi un milione di euro in favore delle parti civili e due mesi di isolamento diurno. Anche il carabiniere Andrea Varriale, in servizio con Cerciello quella tragica notte e ferito dai due statunitensi, ha ottenuto un risarcimento.
Diametralmente opposto il parere dei difensori dei due ragazzi americani che annunciano il ricorso in appello. L’avvocato Renato Borzone, difensore di Elder ha definito la sentenza “vergognosa per l’Italia” accusando i giudici di non aver voluto vedere quello che è emerso durante le indagini e il processo: “Faremo appello: qui c’è un ragazzo di 19 anni che è stato aggredito. Abbiamo assistito al solito tandem procure e giudici“.
Convinto dell’innocenza del proprio assistito anche Fabio Alonzi, legale di Hjorth, secondo il quale la sentenza “non scalfisce la nostra convinzione che Gabriel Natale Hjorth sia assolutamente innocente“. Anche lui ha annunciato il ricorso in appello dopo la lettura delle motivazioni.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti i due giovani americani, si aggiravano per le vie del quartiere romano di Trastevere alla ricerca di droga. Per soddisfare le loro esigenze si rivolsero a Sergio Brugiatelli, che fece da intermediario accompagnandoli da un’altra persona, Italo Pompei: quest’ultimo vendette loro una pasticca di Tachipirina spacciandola per sostanza stupefacente. Dopo essersi accorti dell’inganno i due decisero di vendicarsi rubando lo zaino di Brugiatelli e di chiedere la restituzione del denaro pagato per la ‘finta’ droga in cambio della borsa.
Sul luogo designato per lo scambio non si presentò il facilitatore bensì i carabinieri Mario Cerciello Rega e Andrea Varriale, chiamati per una denuncia di furto. Durante l’incontro i due militari, in borghese e disarmati per non far saltare la copertura, si sono identificati scatenando la reazione dei due giovani statunitensi culminata con le undici coltellate in meno di trenta secondi inferte da Elder a Cerciello che ne hanno causato la morte. Dopo l’agguato i due ragazzi sono corsi via e sono ritornati nell’albergo in cui soggiornavano.