Si attende il nuovo Decreto Draghi nelle prossime ore che dovrebbe contenere indicazioni relative allo spostamento tra Regioni, il pass o certificazione verde, la road map delle riaperture e sull’eventuale estensione dell’orario di coprifuoco dalle 22 alle 23. Quel che pare certo è anche il prolungamento dello stato di emergenza che si protrarrà fino al 31 luglio e che condizionerà anche la normativa riguardante il lavoro agile. Il provvedimento, noto ai più come dpcm, definirà anche un cronoprogramma e le regole per un graduale ritorno alla normalità. Tra le varie misure quella che pare dare sicuramente più all’occhio è l’istituzione di un pass per poter spostarsi tra una regione e l’altra se di colore diverso, affinché il rischio contagi resti ‘calcolato’ come ha prontamente ricordato Draghi parlando di ritorno ad una pseudo normalità.
Ma i dubbi sul certificato verde sono davvero moltissimi, ci chiediamo ad esempio ma se nel tempo le regioni in cui siamo o verso cui ci spostiamo dovessero cambiare colore come dovremmo comportarci o che valenza hanno questi tamponi se durano solo 48 ore o ancora cosa vuol dire ‘essere vaccinati’ se le vaccinazioni vanno a rilento e i giovani che per cultura e lavoro sono maggiormente inclini a viaggiare, sono quelli che saranno vaccinati tra molti mesi? Insomma servirà davvero per ridurre i contagi o alimenterà, come ci dicono affranti molti cittadini, ulteriore confusione burocratica che si andrà ad aggiungere agli svariati DPCM e alle varie restrizioni a seconda del colore della regione?
Ne parliamo con Francesco Provinciali, già dirigente ispettivo Miur e giudice minorile. Eccovi la sua minuziosa disamina nella quale ripercorre con maestria tutti i dubbi da noi esposti.
“Tra le varie misure preannunciate dal Governo per la prossima fase di tendenziale apertura secondo un piano di “rischio ragionato”, per usare le parole di Draghi, si ipotizza un pass sanitario cartaceo per spostarsi da una regione all’altra a seconda dei colori: necessario per quelle rosse e arancioni, forse non previsto per quelle gialle. Questo attestato dovrebbe dimostrare il possesso di uno di questi tre requisiti: essere guariti dal Covid da almeno sei mesi (con certificato medico) , essere vaccinati, aver fatto un tampone (prevedibilmente molecolare) nelle precedenti 48 ore. Il pass andrebbe a sostituire l’autocertificazione, redatta in precedenza in almeno una dozzina di modelli, sempre aggiornati e resi più restrittivi dai vari DPCM: una forma di attestazione che si era rivelata autoreferenziale, demagogica e inutile se non per sanzionare a posteriori eventuali dichiarazioni non veritiere.
Pare che si tratti dell’anticipazione di un tesserino magnetico che sarà adottato nei Paesi dell’U.E. tra un paio di mesi. Questa misura potrebbe avere un senso se non comportasse un coacervo di ulteriore burocrazia che si aggiunge a quella esistente, già soffocante. L’intendimento percepibile è di razionalizzare e rendere omogenei i criteri di spostamento delle persone ma ciò avviene in un quadro geografico oggettivamente disomogeneo e mutevole. In questo lungo periodo di pandemia si sono riscontrate situazioni di diaspore e di conflitti tra Stato e Regioni: siamo tornati ad un contesto pre-risorgimentale, con i Presidenti di Regione che si autopromuovono Governatori e legiferano in dissenso dalle disposizioni generali che il Ministero della Salute dovrebbe stabilire (ma molto spesso si astiene dal fare)”.
“Non si può governare una pandemia tra minacce di ricorsi al TAR e disposizioni che si accumulano al centro e alla periferia creando una sorta di confusione normativa: la prima obiezione che viene in mente è legata alla cangianza dei colori.
Se uno si sposta oggi tra regioni gialle rischia di dover rincorrere attestazioni e certificati nel momento in cui dovesse affrontare un viaggio di ritorno, se le zone nel frattempo avessero cambiato colore: circostanza non infrequente, che riscontriamo quasi quotidianamente, tra varianti del virus, sfumature (arancione, arancione intenso, rosso, rosso scuro, rosso pompeiano, viola topo funebre, direbbe Fantozzi), ordinanze, decreti, circolari, veti, divieti, aperture, chiusure, con limitazioni e disposizioni ai limiti dell’assurdo biologico come il cd. “coprifuoco”, come se il virus si svegliasse di notte.
Muoversi diventerà difficile, complicato e foriero di sovrapposizioni o sostituzioni di norme. Le disposizioni diverse e contrastanti tra le Regioni non aiutano e frantumano l’unità nazionale, sotto il profilo decisorio e normativo
Chi redige il certificato medico se uno si trova fuori casa? Cosa vuol dire “essere vaccinati” se siamo ancora agli inizi della fase della somministrazione del primo vaccino? Fare ricorso ad un tampone PCR comporta code e attese oltre a spese non indifferenti. La domanda sorge spontanea: perché il Governo, sulla scorta di tutte le possibili raccomandazioni scientifiche del CTS, dell’Ist. Superiore di Sanità, delle autorità che coordinano a livello nazionale il contrasto alla diffusione del virus, secondo le attribuzioni che la Costituzione assegna allo Stato, non adotta provvedimenti validi sull’intero territorio nazionale?“
“Ci sono le difficoltà oggettive dovute alla pandemia, ci sono le ansie, le paure, le insicurezze, i timori e i turbamenti di chi cerca di non ammalarsi, se incrementiamo anche il peso della burocrazia rischiamo un quadro d’insieme estremamente labile, fluttuante, incerto, mutante come le varianti del virus che stiamo combattendo. Le contraddizioni non mancano e si evidenziano da sole: questa politica del rincorrere gli eventi, anziché anticiparli come sottolineato con sagacia dal Presidente del CENSIS De Rita, produce distorsioni, distinguo, cambiamenti repentini che non giovano alla coerenza dell’insieme.
Ne veniamo da un periodo in cui era vietato spostarsi tra regioni mentre era consentito fare viaggi di turismo all’estero.
Ci sono invece italiani che all’estero lavorano o hanno parenti, altri che dall’estero dovrebbero rientrare per ragioni personali: quali saranno le regole per costoro? Vorrei sottolineare i costi di queste operazioni: un tampone PCR costa in media 130/150 euro ma vale solo 48 h. Uno rischia di doverne fare una mezza dozzina se deve spostarsi fuori i confini dello Stato o semplicemente da una zona all’altra.
Draghi ha giustamente biasimato coloro che non si presentano all’appuntamento vaccinale nel timore di aver somministrato un vaccino anziché un altro. Ma non si spiega perché un giorno quel vaccino era destinato dal Ministero della Salute agli under 60 e il giorno dopo dirottato sulla fascia degli over 65. Senza contare le dimenticanze sui fragili, ora parzialmente recuperate.
Forse all’origine di questa confusione che non aiuta la gente a capire né la educa a fare il proprio dovere è l’assenza di un organico piano vaccinale. Prima chiarire idee e indirizzi al centro e poi informare i cittadini“.
Ringraziamo Francesco Provinciali per il tempo dedicatoci e per i numerosi spunti di riflessione che ci ha fornito attraverso le sue parole.