Il 60enne, condannato all'ergastolo nel 2009, era stato rimesso in libertà nell'ottobre 2019, a causa di un errato calcolo della pena. Dopo il rilascio dal carcere l'uomo aveva immediatamente lasciato l'Italia e si era rifugiato in Spagna.
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Bologna, in collaborazione con la polizia spagnolo, hanno arrestato a Madrid il latitante della ‘ndrangheta Domenico Paviglianiti, che la stampa tra gli anni ’80 e ’90 aveva soprannominato “il boss dei boss“. Con questa cattura gli investigatori italiani mettono fine ad uno dei tanti errori commessi dalla giustizia italiana: il 60enne era destinatario di un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti per 11 anni, 8 e 15 giorni, ma era stato rimesso in libertà nell’ottobre 2019, a causa di un errato calcolo della pena. Dopo l’uscita dal carcere l’uomo aveva immediatamente lasciato l’Italia e si era nascosto in Spagna.
A Paviglianiti sono contestati i reati di associazione di tipo mafioso, omicidio e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L’arresto è avvenuto lo scorso 3 agosto in un’operazione congiunta tra l’Udyco Central (polizia spagnola) e i carabinieri del comando provinciale di Bologn, coordinati dal procuratore Giuseppe Amato e dai pm Roberto Ceroni e Michele Martorelli, in collaborazione con Eurojust (Filippo Spiezia) e in raccordo con il Servizio di cooperazione internazionale di polizia.
Ritenuto tra gli elementi di spicco dell’omonimo casato ‘ndranghetista, insieme a Settimo Paviglianiti (presunto capo) e Natale David Paviglianiti, attualmente operante a San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri (comuni in provincia di Reggio Calabria). La cosca vanta numerose ramificazioni e contatti nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia, e in Sud America per la gestione del traffico internazionale di stupefacenti.
Non è la prima volta che il boss della ‘ndrangheta fugge in Spagna: già nel 1996 era stato arrestato in terra iberica in quanto coinvolto o presuntamente tale in 140 omicidi, oltre ad essere coinvolto in numerose attività ciminali tra cui il traffico di droga e armi lungo l’asse Svizzera-Milano insieme al mandamento Coco-Trovato. Anche se era stato estradato in Italia solo tre anni dopo, nel 1999.
Venne condannato all’ergastolo nel 2009, accusato dell’omicidio di Antonio Pontari (pena in seguito sostituita con la reclusione per 30 anni), di altri tre tentati omicidi, per associazione di tipo mafioso e reati di droga, commessi a partire dagli anni ’80. Secondo i carabinieri ha avuto un ruolo di prim’ordine nel corso della cosiddetta seconda guerra di mafia, quando insieme ad altre famiglie di ‘Ndrangheta della provincia di Reggio Calabria aveva appoggiato la cosca De Stefano nella sanguinosa faida con i Condello.
L’indagine che ha portato a rintracciarlo nasce dal nuovo provvedimento emesso dalla procura bolognese, arrivato dopo un ricorso in Cassazione che ha rilevato il calcolo errato che aveva rimesso in libertà il boss: era stato nuovamente rilasciato ad ottobre 2019 perché la pena di 17 anni inflittagli nel 2005 era già stata calcolata nella precedente.