Ora è ufficiale: i Toronto Raptors sono i nuovi campioni NBA, unica squadra canadese nella storia ad ottenerlo, grazie al successo ottenuto nelle finals per 2-4 contro la squadra più forte degli ultimi 5 anni, ossia i Golden State Warriors. Nella notte italiana i canadesi sono riusciti a trionfare in gara 6, tra le mura nemiche della Oracle Arena di Oakland, con il punteggio di 114-110.
È un titolo dal sapore particolare perché riesce a far esultare non solo una città, Toronto, ma tutta una nazione: il Canada è considerata da sempre la terra dell’hockey, ma i Raptors quest’anno hanno avuto la capacità di unire un intero popolo e di farlo appassionare a questo sport coma mai prima d’ora. Rappresentano da anni l’unico team canadese a militare nel grande torneo di basket americano; e pensare che in squadra non gioca nemmeno un cestista canadese.
I Raptors sono riusciti ad avere più lungimiranza, più forza, più resistenza e più atletismo di quanto qualunque esperto ed appassionato sportivo avesse previsto prima di queste finals. Durante tutto l’arco della lunga stagione NBA qualche segnale che potesse essere l’anno di Toronto era arrivato: a livello di squadra che le ha permesso di essere in regular season la seconda miglior squadra a livello di risultati ottenuti, dietro ai Milwakee Bucks, e a livello individuale grazie alla straordinaria stagione di Kawhi Leonard, secondo miglior realizzatore della lega in regular season, dietro James “il barba” Harden, e leader indiscusso di questa squadra.
Proprio da Leonard ha inizio questa successo, dallo scambio che ha portato il cestista statunitense dalla calda San Antonio, Texas, alla fredda terra canadese, mentre DeMar DeRozan, ex giocatore dei Raptors beniamino indiscusso dei tifosi, ha compiuto il percorso opposto. In più è stata concessa ai texani la futura prima scelta protetta al Draft 2019/20 e Jakob Poeltl. Che l’ala piccola ex Spurs fosse dotato di grandi qualità tecniche era evidente già da tempo, ma il rischio più grande che si è presa la società è quella di scambiare un giocatore con ancora tre anni di contratto, che amava la città e i fans, con uno che nella stagione successiva avrebbe potuto cambiare squadra come free agent, a parametro zero, e sopratutto si vociferava non fosse entusiasta della nuova destinazione. Ebbene col senno di poi l’intuizione del general manager dei canadesi Masai Ujiri si è rivelata un mossa da elogiare sotto tutti i punti di vista, considerata da molti come una mossa “disperata” è riuscita a segnare per sempre la storia del basket americano.
Il trionfo di ieri notte ha portato proprio la firma di Kawhi Leonard, autore di 22 punti e 6 rimbalzi, ma soprattutto di una prestazione capace di mandare in tilt la difesa avversaria, confermandosi fuoriclasse e miglior giocatore del torneo. Ma protagonisti della serata sono stati anche i compagni Kyle Lowry e Pascal Siakam, entrambi hanno messo a referto 26 punti, e VanVleet, con 22 punti e autore di cinque triple. Per i Warriors sfuma il sogno di conquistare tre titoli consecutivi, anche se bisogna evidenziare che Golden State nelle ultime 5 stagioni ha raggiunto 5 finali, di cui 3 vinte e 2 perse. Nelle 4 precedenti aveva sempre affrontato i Cleveland Cavs, Toronto in questa stagione è riuscita a spezzare l’incantesimo e cambiare almeno una delle due protagoniste dell’atto finale.
Il match era rimasto in sostanziale parità sino al terzo quarto, quando Klay Thompson, autore sino a quel momento di 30 punti e che a fine gara si rivelerà il miglior marcatore dell’incontro, è uscito dal parquet per infortunio, che più tardi si è rivelato essere una rottura del crociato al ginocchio sinistro. Un’altro sfortunato evento che si è aggiunto a quello che già avevano martoriato la squadra campione in carica in questa serie di partite. Ultimo quello di Kevin Durant che nella scorsa partita, dopo il rientro da un infortunio, ha subito la rottura del tendine d’achille.
Dopo l’uscita di Thompson i padroni di casa sono riusciti a rimanere attaccati alla gara, sono riusciti a giocarsela punto a punto grazie alla grande forza di volontà e all’incitamento caloroso del proprio pubblico. Tutto ciò fino a 9 secondi dalla fine, quando Steph Curry, con la sua squadra sotto di un punto, ha tra le mani la palla del sorpasso. Prova una tripla, ma la palla si infrange violentemente sul ferro, proprio come le speranze dei Warriors che devono deporre lo scettro a favore dei Raptors.
A fine gara Leonard ottiene quasi all’unanimità il titolo di MVP delle finals, con 10 voti su 11. Il restante voto è andato a VanVleet.
Nella vittoria della squadra canadese c’è anche un pezzo di Italia, rappresentato dall’assistente allenatore Sergio Scariolo, secondo italiano di sempre nella storia, dopo Marco Belinelli, a conquistare il titolo Nba. A fine gara l’ex allenatore di Aurora Desio, Victoria Libertas Pesaro (con cui ha vinto uno scudetto) Fortitudo Bologna, Olimpia Milano, Real Madrid e Malaga (con cui ha vinto rispettivamente un campionato a testa), Chimki, Saski Baskonia e della nazionale spagnola, ai microfoni di Sky Sport ha dichiarato: “È una bella emozione. Nel vincere c’è qualcosa di uguale alle volte precedenti ma c’è anche molto di diverso. Questa è stata una bellissima avventura, perché all’inizio dell’anno nessuno ci pronosticava neppure vicini a questo traguardo; pian piano invece abbiamo acquisito fiducia, superato tanti ostacoli e tante grandi squadre, compresi questi Golden State Warriors davvero fortissimi ,e alla fine questa vittoria ce la siamo meritata, direi di squadra, facendo recitare da protagonisti giocatori che magari i non esperti di NBA in Europa neppure conoscono. Insomma, è stato un successo bello, davvero bello” .
Qualche ora fa Scariolo ha pubblicato un post significativo sul suo profilo Twitter con una citazione presa di spunto da una battuta del film “La ricerca della felicità” di Gabriele Muccino, che recita così : “Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Nemmeno a te stesso. Se hai un sogno tu lo devi proteggere. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila.“
Carlo Saccomando