Il Consiglio dei capi di stato e di governo che si tiene a Parigi il 9 e 10 dicembre 1974, ha un significato particolare: affermare che l’Europa a nove esiste e di questa esistenza tutto il mondo ne deve prendere atto. Dopo 17 anni di cammino tortuoso e difficile la CEE non solo riesce a dare segni di vita ma dimostra anche la sua capacità ad allargarsi e comprendere nel suo interno stati, che hanno sempre opposto difficoltà alla partecipazione. Basti citare a questo proposito le problematiche collegate all’ingresso della Gran Bretagna.
Storicamente si può affermare che questa sessione del Consiglio dei capi di stato e di governo è la prova del superamento del rischio della disgregazione, rischio scampato grazie alla regia di tre politici: Wilson per il Regno Unito, Giscard D’Estaing per la Francia e Schmidt per la Germania federale. Anche i rappresentanti italiani, Rumor, come presidente del consiglio e Moro, come ministro degli esteri, svolgono in questa assise un ruolo importante, da comprimari.
Accanto a questa valutazione positiva si devono aggiungere due elementi negativi, perché la riunione parigina non introduce nessun miglioramento nei rapporti tra gli stati della Comunità. Persistono infatti le differenze nel campo economico, differenze, che trovano nella crisi petrolifera,ormai molto pesante, i veri e propri presupposti. Nessuna proposta comune riesce ad essere elaborata per far fronte a questa drammatica situazione. Non solo, a questo mancato piano unitario contro la crisi petrolifera, si deve aggiungere il mancato approfondimento della questione monetaria, che molto dibattito ha suscitato nel periodo precedente al Consiglio.
Il periodo immediatamente dopo il Consiglio di Parigi è però uno dei più negativi della storia della Comunità europea. Negli anni 1975-1976 infatti si vivono ancora momenti di tensione collegati in modo specifico ai rapporti CEE-USA. Negli Stati Uniti, che hanno superato il trauma delle dimissioni di Nixon, il neo presidente Ford e il segretario di stato Kissinger riprendono la vecchia teoria cara al capo della diplomazia americana, la quale assegna all’Europa il ruolo di istituzione subalterna alla politica statunitense. Tesi destinata a prevalere subito dopo. Nella conferenza di Nairobi la linea politica USA ha il sopravvento, anche perché gli stati della CEE si presentano in ordine sparso senza una linea politica unitaria.
I dati riferibili ai paesi della CEE mettono in evidenza per il 1975 una situazione di grande debolezza per tutti gli stati europei con esclusione della Germania federale. Qualche cifra relativa all’inflazione e alla disoccupazione. Per la prima in Germania si registra un’ inflazione del 6% mentre in Gran Bretagna ed in Italia si rilevano picchi intorno al 26%. Migliorano decisamente gli indici per l’anno successivo: in Germania, la cui economia è forte, l’inflazione scende sotto il 5%, gli altri stati, con economia più debole, riducono l’inflazione a livelli che vanno dal 13% al 15%. Anche la seconda voce, quella della disoccupazione ha percentuali piuttosto elevate: proprio in questo periodo, per ridurre le alte percentuali di disoccupazione, iniziano le politiche governative dei paesi CEE ad economia debole, che tendono a far aumentare il debito pubblico, immettendo grosse risorse nell’attività produttiva.
Le conseguenze di questa dilatazione della spesa pubblica sono ancora oggi visibili. In questo periodo, con il dollaro debole, si assiste ad un fenomeno molto significativo all’interno dell’Europa dei nove: l’arrivo delle società multinazionali, che con le loro strategie conquistano i mercati del vecchio continente. Con le multinazionali giungono anche gli effetti negativi del loro insediamento: fusioni, concentrazioni, scalate per la conquista delle maggioranze azionarie. Va comunque rilevata una caratteristica tipicamente europea di queste operazioni di conquista delle multinazionali. Si tratta di una conquista, la loro, più lenta rispetto a quanto capita negli Stati Uniti. Questa lentezza si verifica in Europa, perché la presenza dello stato con i suoi finanziamenti rende meno rapido l’inserimento delle multinazionali nei gangli societari.
All’interno della CEE negli anni 1975-1976 l’attività economica registra qualche iniziativa industriale di rilievo, che vuole essere un tentativo di affrontare le problematiche energetiche. In Francia ed in Belgio sono significativi a questo proposito gli interventi collegati alla produzione dell’energia nucleare. Ancora una volta si distingue dagli altri stati della CEE la Germania, perché opera con politiche in grado di tenere sotto controllo rigido l’inflazione. Non solo, ritenendo di essere lo stato leader della Comunità intrattiene un rapporto speciale con Washington , in quanto c’è sintonia tra la visione economica di Schmidt e e quella di Kissinger.
Qualche considerazione in questo ambito va fatta anche su Italia e Gran Bretagna. L’Italia, poiché qui manca un vero piano anticrisi, va alla ricerca di accordi con stati in grado di offrire prodotti alternativi al petrolio. E’ in questo periodo che iniziano i contatti con i paesi che producono metano. Si prendono contatti da parte del governo italiano con l’ Unione Sovietica e nell’area del Mediterraneo con la Libia, l’Algeria e la Tunisia. Nello stesso tempo cerca di tenere buoni rapporti con gli Stati Uniti, in quanto, grazie a loro, ottiene dal Fondo Monetario Internazionale notevoli finanziamenti per far fronte al sempre più consistente indebitamento pubblico. Per quanto riguarda invece la Gran Bretagna si deve evidenziare il suo tentativo di sfruttare al massimo i giacimenti petroliferi del mare del Nord, anche se persistono difficoltà complessive che rendono debole il governo di Sua Maestà.
Nel luglio del 1975 a Helsinki, durante la conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, Giscard e Schmidt lanciano l’idea di un incontro tra i grandi del mondo occidentale per studiare ed approfondire le questioni economiche mondiali. L’obiettivo è quello di creare un summit tra i paesi occidentali più industrializzati, summit che viene accettato. Nel primo elenco di invitati non risulta l’Italia, considerata inaffidabile. Il presidente degli Stati Uniti impone anche la presenza dell’Italia, perché ritiene in questo modo di vincolare alle scelte occidentali in modo sicuro il governo italiano, che in questo periodo sembra molto incerto sulle alleanze da coltivare. Non si deve dimenticare che nelle elezioni regionali del 1975 il partito comunista ottiene uno strepitoso risultato, che lo colloca appena dopo la Democrazia Cristiana.
Alla conferenza dei grandi dei paesi più industrializzati dell’occidente sono presenti: Ford per gli Stati Uniti, Miki per il Giappone, Wilson per il Regno Unito, Giscard per la Francia , Schmidt per la Germania Federale e Moro per l’Italia. Quest’ultima, come già detto, è presente per esplicita richiesta del governo americano. Il vertice si tiene nel novembre 1975 a Rambouillet in Francia. Da questo momenti la liturgia dei vertici dei grandi si ripeterà periodicamente senza interruzione alcuna. Nel consesso gli argomenti trattati sono due: la fluttuazione del dollaro e la questione dei prezzi petroliferi. Da un punto di vista dei risultati, il vertice da risultati poco soddisfacenti: nessuna decisione viene adottata. E’ opportuna una sottolineatura: la CEE non è invitata, perché nella valutazione degli organizzatori la CEE ha poca importanza a livello mondiale. Solo successivamente la CEE sarà invitata, ma dovrà passare ancora qualche tempo.
Il 29 dicembre 1975 il primo ministro belga, Leo Tindemans, che ha ricevuto un incarico molto preciso durante il consiglio di Parigi del dicembre 1974, consegna un rapporto sullo stato dell’Unione. Il documento Tindemans , già citato in precedenza, affronta, oltre ad altre tematiche che ora non riprendiamo, contiene tutta una serie di riflessioni da collegare all’ impostazione costituzionale della CEE, proponendo, alla luce dei diciassette anni di vita comunitaria anche una serie di modifiche. Questo breve nostro richiamo al documento serve per comprendere meglio l’evoluzione del ruolo delle istituzioni, in quanto queste istituzioni, secondo Tindemans devono avere l’autorità necessaria per definire politiche comuni e la legittimità necessaria al controllo democratico della CEE. Ecco gli organismi: il Parlamento, il Consiglio Europeo, il Consiglio, la Commissione e la corte di giustizia. Il documento Tindemans, dopo aver indicato le peculiarità delle varie istituzioni, mettendone in evidenza alcune caratteristiche, che poi, sia pure in modo frammentario, saranno prese in considerazione, contiene questi punti importanti:
Va per dovere storico ricordato che il documento Tindemans non avrà una sorte favorevole e dopo un anno, nel 1977, per la precisione, sarà accantonato. A nostro avviso non solo però rappresenta un documento datato e quindi superato, ma contiene una serie di indicazioni, molto utili per gli sviluppi futuri della CEE.
Un effetto positivo genera il documento Tindemans per quanto riguarda i Paesi del Terzo Mondo. Viene infatti a livello operativo dagli organismi della Comunità accolta ed attuata l’indicazione dell’opportunità di stringere rapporti più organici con i paesi dell’emisfero sud. La CEE già negli anni sessanta ha messo in atto convenzioni con diversi stati sia dell’ Africa che dell’America Latina. Negli anni nascono parecchi accordi e nel 1975 viene sottoscritto a Lomé un accordo che comprende decine di paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (area ACP). Nel 1976 è il momento di altri accordi con altri paesi. Questi protocolli portano la Comunità Europea ad avere un ruolo molto importante a livello mondiale, al punto che la CEE a partire dal 1976 viene ad essere la prima istituzione per importanza di rapporti commerciali a livello mondiale. Sicuramente la politica coloniale attuata nei secoli precedenti dai paesi europei ha contribuito a rendere più facile la collaborazione e di conseguenza a rendere più proficui gli scambi.