• 19 Novembre 2024
  • SANITA'

Medici cattolici contro la legge sul suicidio assistito

Il suicidio assistito è l’aiuto medico e amministrativo portato a un soggetto che ha deciso di morire attraverso il suicidio. La differenza con l’eutanasia sta nell’atto finale di togliersi la vita, somministrandosi le sostanze necessarie in modo autonomo e volontario, in quanto nel suicidio assistito questo atto è compiuto interamente dal soggetto stesso, e non da soggetti terzi, che si occupano di assistere la persona durante il ricovero e dopo. Nell’antica Grecia il suicidio aveva un significato diverso da quello che ha assunto oggi in molti Paesi, in quanto si riteneva che ogni individuo fosse libero di decidere come meglio credesse sulla propria vita. L’assistenza al suicidio fu proibita quando giunse al potere il cristianesimo.

«Almeno quattromila medici cattolici sono pronti a fare obiezione di coscienza nel caso in cui, a seguito della pronuncia della Consulta, il Parlamento italiano legiferasse a favore del suicidio medicalmente assistito». Il vicepresidente dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci), Giuseppe Battimelli, annuncia quale sarà la risposta dei camici bianchi iscritti all’associazione ad un’eventuale legge sulla materia. «La grande maggioranza dei medici italiani – continua Battimelli – è sulla nostra posizione». Nel frattempo, oggi 25 settembre, è tempo per la Consulta di decidere sulla compatibilità con la Costituzione dell’articolo 580 del codice penale che punisce l’aiuto e l’istigazione al suicidio con la reclusione fino a 12 anni.

Dj Fabo
Dj Fabo

A distanza di un anno dalla riunione della Consulta sul caso Dj Fabo-Cappato, la questione dell’aiuto al suicidio ritorna sotto la visione dei giudici della Corte Costituzionale. Nell’ordinanza n. 207 del 2018 la Consulta dichiarava che “laddove, come nella specie, la soluzione del quesito di legittimità costituzionale coinvolga l’incrocio di valori di primario rilievo, il cui compiuto bilanciamento presuppone, in via diretta ed immediata, scelte che anzitutto il legislatore è abilitato a compiere, questa Corte reputa doveroso – in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale – consentire, nella specie, al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, così da evitare, per un verso, che, nei termini innanzi illustrati, una disposizione continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di tutela di valori, anch’essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale”. Intanto, è stata rinviata la sentenza sul caso Fabo, morto in Svizzera con il suicidio assistito grazie a Marco Cappato, dell’Associazone Coscioni, il quale rischia 12 anni di carcere.

Palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte costituzionale della Repubblica Italiana
Palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte costituzionale della Repubblica Italiana

Nel mondo esiste la Federazione Mondiale delle Società per il Diritto a Morire – World Federation of Right to Die Societies – costituitasi nel 1980, durante la terza conferenza internazionale con le società nazionali di diritto alla morte, la prima delle quali era stata convocata nel 1976, dopo la costituzione della Japan Euthanasia Society (ora Japan Society for Dying with Dignity), e in cui fu formulata, in merito, la “Dichiarazione di Tokyo”. Prima ancora, nel 1974, alcuni umanisti, tra cui scienziati, filosofi, e premi Nobel lanciarono il manifesto “A Plea for Beneficent Euthanasia”, che riscosse molti consensi. In ogni caso la principale attività della Federazione consiste nel sensibilizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, governi e parlamenti, sulla necessità di raggiungere stadi più progrediti nel riconoscimento dei diritti del malato terminale. Oltre al consenso informato, grazie al quale il paziente può scegliere le cure mediche a cui sottoporsi, attualmente in Italia le decisioni da prendere riguardano il diritto di morire con dignità, in pace, e senza sofferenza. E per garantire tutto ciò è necessario che sia formulata una legge chiara.

Simona Cocola

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Simona Cocola

Giornalista pubblicista torinese, ha iniziato a collaborare per la carta stampata nei primi anni dell'università, continuando a scrivere, fino a oggi, per diverse testate locali. Ha inoltre lavorato in una redazione televisiva, in uffici stampa, ha ideato una rubrica radiofonica, ed è autrice di due romanzi.

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