• 2 Novembre 2024
  • AMBIENTE

L’inquinamento in Italia durante il lockdown

A seguito del lockdown si sono verificati alcuni mutamenti nelle emissioni di inquinanti atmosferici e di gas serra e, in modo particolare, il traffico stradale nelle città in Italia si è ridotto mediamente del 48-60%. Queste condizioni hanno fornito un’opportunità eccezionale per valutare come una prolungata e significativa riduzione delle emissioni abbia avuto un impatto sulla qualità dell’aria in ambito urbano.

Uno studio, condotto dall’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe) e pubblicato sulla rivista Environmental Pollution, ha messo in evidenza come i due mesi di blocco del traffico urbano esteso all’intero territorio nazionale abbiano determinato una significativa riduzione dei soli livelli di biossido di azoto (NO2); le concentrazioni di polveri sottili (PM2.5 e PM10) si sono ridotte in misura minore, mentre quelle di ozono (O3) sono rimaste invariate o addirittura aumentate. La ricerca ha preso in considerazione sei città tra le più popolate d’Italia caratterizzate da differenti condizioni climatiche: Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo.

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“Lo scenario selezionato (24/02/2020‒30/04/2020) è stato messo a confronto con uno meteorologicamente comparabile (25/02/2019–02/05/2019)”, spiega Giovanni Gualtieri, ricercatore Cnr-Ibe e coordinatore del progetto. “Sono state utilizzate misure meteo e di NO2, O3, PM2.5 e PM10 derivate da 58 stazioni meteorologiche e di qualità dell’aria, mentre la mobilità del traffico è stata derivata da big data a scala comunale. I livelli di NO2 sono notevolmente diminuiti in tutte le aree urbane (da ‒24.9% a Milano a ‒59.1% a Napoli), in misura approssimativamente proporzionale ma inferiore alla riduzione del traffico. Al contrario, le concentrazioni di O3 sono rimaste invariate o addirittura aumentate (fino al 13.7% a Palermo e al 14.7% a Roma), probabilmente a causa del ridotto consumo di O3 dovuto alle minori emissioni di monossido di azoto (NO) dei veicoli (NO+O3=NO2+O2). ”

“Ricordando che gli ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili (COV) sono ben noti precursori dell’O3, un’ulteriore causa di aumento dell’O3 potrebbero essere le minori emissioni di NOx non compensate da analoghe riduzioni delle emissioni dei COV. – evidenzia Gualtieri – Il PM10 ha mostrato riduzioni fino al 31.5% (Palermo) e aumenti fino al 7.3% (Napoli), mentre il PM2.5 ha mostrato riduzioni del 13–17% controbilanciate da aumenti fino al 9%. Un maggiore utilizzo del riscaldamento domestico (+ 16–19% a marzo), anche dovuto a condizioni meteorologiche più fredde rispetto al 2019 (da ‒0.2 a ‒0.8 °C) può in parte spiegare l’aumento delle emissioni primarie di PM, mentre un incremento delle attività agricole (segnatamente, coltivazioni con fertilizzanti e gestione dei reflui di composti azotati) può spiegare l’aumento delle emissioni di ammoniaca (NH3), che è un noto precursore del PM secondario”.

“Con questo studio è stata così confermata la natura complessa che caratterizza l’inquinamento atmosferico anche nel momento in cui una delle principali fonti emissive sia isolata e controllata. “Emerge la necessità di sforzi costanti di decarbonizzazione in tutti i settori emissivi per apportare un miglioramento concreto alla qualità dell’aria e alla salute pubblica”, conclude il ricercatore.

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