Sul “revenge porn” il fronte politico è sempre stato unanime e compatto nella condanna e nel combatterlo in ogni sua manifestazione. Nei mesi scorsi il caso della diffusione di immagini private della deputata M5s Giulia Sarti ha scosso la politica e contribuito certamente all’approvazione alla Camera di un emendamento, all’interno del ‘Codice Rosso’ sulla violenza sulle donne, specifico sul tema del revenge porn.
Ma a che punto è la discussione su questo tipo di reato? Il Codice rosso è stato approvato da Montecitorio il 3 aprile scorso e l’esame è poi passato al Senato. Quasi in contemporanea, sempre a Palazzo Madama, sono state incardinate in commissione Giustizia tre proposte di legge una di Fi, una del Pd e una di M5s specifiche sul tema. Le proposte di legge prevedono in tutti e tre i casi il carcere.
Nei vari testi si va da un minimo di 6 mesi a un massimo di 4 anni di reclusione. Nella proposta di Forza Italia, a prima firma Toffanin, è prevista anche una multa non inferiore ai 5mila euro. In tutte le proposte di legge è previsto l’innalzamento della pena nel caso a mettere in atto il revenge porn sia un ex. Nella proposta del Pd è prevista la temporanea interdizione dai pubblici uffici per chi è condannato.
Quella di M5s prevede uno specifico articolo sulla sensibilizzazione e l’educazione nelle scuole. Il 7 maggio scorso in commissione è stato deliberato di approfondire l’argomento con un ciclo di audizioni. Recentemente il premier Giuseppe Conte ha fatto un appello alle forze politiche: ‘La maggioranza è pronta a votare il revenge porn. È una battaglia di civiltà, dobbiamo essere tutti uniti’.
La locuzione di origine angolassone “revenge porn”,o anche “revenge pornography”, associa la parola “vendetta” (revenge) a quella di pornografia, lasciando subito intendere l’uso distorto che viene fatto di immagini o video privati, a sfondo sessuale, che vengono diffusi sui social network o sul web a scopi vendicativi e senza il consenso della persona ritratta.
La nozione è ormai di uso tristemente comune, complice il moltiplicarsi di episodi di “vendetta porno” ai danni di innumerevoli vittime, uomini e (prevalentemente) donne, che si sono ritrovate violate nella loro sfera intima e hanno visto la propria immagine diffondersi in maniera “virale” senza averlo mai concesso o, addirittura, dopo essere state immortalate a loro insaputa.