L’economia circolare consiste nel riutilizzo di un prodotto a fine attività tramite fasi di riciclo e riutilizzo. Questo modello di business sostituisce il precedente basato su una economia lineare dove il prodotto aveva un inizio ed una fine; da ora in poi, grazie alla circolarità, il prodotto prende forma in una nuova vita.
In questo modo l’opportunità economica favorisce anche il benessere sociale, con una migliore qualità della vita delle persone, in quanto più un prodotto dura per un certo periodo di tempo minore sarà il suo impatto sull’ambiente e quindi maggior la qualità di vita. Questo passaggio di modello di business da lineare a circolare sta diventando fondamentale per ogni azienda di ogni attività economica, dal farmaceutico al settore agricolo, con l’obiettivo di estendere proprio il ciclo di vita di alcuni prodotti all’interno di tutti i settori lavorativi.
Tale esigenza è nata per contrastare le emergenze ambientali come il riscaldamento climatico e numerose strategie politiche-climatiche sono state adottate come il cosiddetto Green deal.
Con le nuove strategie e normative proposte dall’Unione Europea vi è il Green Deal, il cui obiettivo è quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ovvero zero emissioni di anidride carbonica entro la data definita. Gli obiettivi di questo patto si estendono ovviamente in tutti i settori lavorativi e impongono tassazioni per gli Stati che non riducono le emissioni di gas serra. Uno dei primi punti di tale Patto verde è quella della economia circolare sviluppando prodotti sempre più sostenibili.
Attraverso la fase circolare si tutela l’ambiente riducendo proprio il quantitativo di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera e quindi la diffusione di inquinanti nel terreno, acqua e aria. Questo processo si concretizza come un risparmio e quindi un vantaggio economico sia per l’azienda nell’andare a riprodurre un materiale, che per il cittadino nella fase di acquisto.
Il riciclo di materiali, ridurrebbe anche il quantitativo di risorse naturali e porterebbe ovviamente una tutela degli ecosistemi e biodiversità. Infatti, utilizzando prodotti sostenibili andrebbe a ridurre il consumo di risorse naturali e a sua volta implicherebbe anche una minore negoziazione con Paesi Esteri.
Gli scambi di materie prime tra l’Unione Europea e gli altri Paesi sono raddoppiati, proprio in mancanza di risorse disponibili nel proprio paese. Con l’introduzione dei fattori ESG (Environmental, Social e Governance) è più facile l’identificazione di rischi e delle opportunità delle 3 macro-aree.
L’impatto dell’economia circolare porterà oltre che ad una migliore prospettiva futura anche ad un aumento salariale, legato da una maggiore competizione e stimoli tra aziende. A tal proposito si nota spesso su piattaforme come “Indeed” e “Linkedin” l’aumento delle posizioni lavorative in ambito di sostenibilità e green economy e quindi nuove occupazioni.
Ci stiamo dirigendo verso unna occupazione lavorativa sempre più “verde” con nuovi milioni di posti di lavoro entro il 2030; l’occupazione femminile è in aumento anche se in Italia è leggermente inferiore rispetto ad altri paesi Europei.
Scegliere un’economia circolare è per le aziende un benefit da prendere in considerazione in quanto genera a sua volta una nuova opportunità di business attraendo magari capitali di investimento. I green job sono senza dubbio i nuovi drivers dell’economia futura orientati in un contesto sempre più eco-sostenibile. Questa transizione richiede sacrificio, impegno e volontà da parte di tutti i soggetti e ognuno dovrebbe pensare in modo circolare, dove ad ogni rifiuto si possono generare altri materiali.
Fabrizio Filipello