Vasti settori dell’Italia, dal Settentrione al Meridione, negli ultimi vent’anni sono stati colpiti da intensi eventi meteorologici: si può citare, ad esempio, la recente frana che ha causato il crollo del viadotto sull’autostrada A6, in seguito alla copiosa e incessante pioggia durata diversi giorni. Infatti, le problematiche legate a eventi catastrofici non risalgono soltanto a danneggiamenti strutturali alle opere, come è avvenuto per il ponte Morandi, ma anche a criticità idrogeologiche.
Le frane, la cui percentuale in Italia è maggiore rispetto a quella di altri paesi europei, si innescano maggiormente su strati argillosi anche di spessore limitato, come è accaduto alla diga del Vajont: disastro avvenuto il 9 ottobre 1963 franata a causa di piccoli strati argillosi di 2-3 cm di spessore che si staccarono dal monte Toc e precipitarono nel bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont, al confine tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto, provocando un’onda di piena che superò la diga e distrusse il paese di Longarone causando 1917 vittime.
Mentre la frana verificatasi sulla Torino-Savona è avvenuta su un suolo presunto agricolo: il materiale di matrice fangosa si è drasticamente abbattuto sui piloni del viadotto a una velocità molto elevata.
Tali catastrofi scatenano da anni curiosità e preoccupazioni tra i cittadini italiani, i quali si domandano quale sia la causa scatenante delle frane. Lo abbiamo chiesto ad un esperto, il geologo Fabrizio Filipello, che ha affermato: “Ovviamente la pioggia. E perché piove molto? Secondo parecchi scienziati, la pioggia deriva dal surriscaldamento del nostro pianeta, da cui consegue l’incremento di anidride carbonica nell’atmosfera e l’evaporazione eccessiva dell’acqua degli oceani. Ciò è indubbiamente vero, ma è molto più evidente nelle zone equatoriali e più precisamente nella Intertropical convergence zone, che rappresenta una condizione estrema di bassa pressione.“
Filipello ritiene inoltre che sia necessario un intervento di contenimento ante operam dell’anidride carbonica, in quanto circa il 30/40% di essa, di origine antropica, viene assorbito dagli oceani e distribuito in modo eterogeneo al loro interno, decretando anche delle alterazioni all’equilibrio dei nutrienti (azoto, carbonio, fosforo e ossigeno) nelle acque.
“In pratica l’assorbimento di anidride carbonica all’interno dei bacini, dei mari e degli oceani causa un innalzamento del livello delle acque: si possono, quindi, verificare fenomeni di inondazioni e allagamenti di zone in prossimità dei mari, come è accaduto alla città di Venezia. Infatti, aumentando la temperatura dell’acqua, ne aumenta anche il volume, favorito dallo scioglimento delle calotte glaciali.” ha spiegato il geologo torinese.
“Come si può evincere da quanto detto – ha infine concluso Filipello – ci troviamo di fronte a un fenomeno complesso che va a influenzare tutto il ciclo del sistema terrestre, fino a condurre a severi e intensi dissesti idrogeologici. È importante, pertanto, contrastare i cambiamenti climatici per evitare il ripetersi di tali fenomeni, visto il delicato equilibrio del nostro pianeta.“
Carlo Saccomando