È terminata la prima settimana di questo nuovo anno scolastico, iniziato con tutte le comprensibili difficoltà del caso. Potremmo, oltre ad altre sottolineature, aggiungere che, salvo qualche positiva eccezione (ma l’eccezione, secondo un plurisecolare adagio, conferma la regola) tutti i disagi, che erano stati previsti anche da queste colonne, si sono puntualmente verificati. Non è ora il caso di riprendere questi eventi sinistri, ma è molto più utile cercare di fare qualche riflessione propositiva per tentare di uscire da questa situazione.
Vorrei innanzi tutto ribadire che deve cambiare il clima politico a livello generale. Mentre scrivo infatti sono in corso le consultazioni elettorali, di conseguenza con martedì potrebbe esserci un nuovo modo di gestire a livello politico i problemi della scuola.
Fino ad oggi si è registrato sulle questioni dell’istruzione un atteggiamento, per lo meno censurabile, da parte di alcune forze politiche, in modo particolare da parte di qualche autorevole esponente di un partito dell’opposizione, che si è permesso di usare le problematiche riferite alla scuola per fare guerra contro il governo e conquistare qualche consenso in più. Personalmente sono convinto che questo modo di fare politica è sbagliato e non produce nessun vantaggio proprio per il Paese che questi personaggi indicano come il beneficiario delle loro altisonanti contestazioni.
La scuola è un’istituzione non per la destra o per la sinistra, ma è una struttura che deve servire a far crescere la comunità, formando i cittadini del domani. Di conseguenza, deposte le armi usate durante la campagna elettorale, è indispensabile riprendere, o forse meglio, incominciare un serio percorso di collaborazione tra tutte le parti politiche al fine costruire un progetto in grado di garantire un lavoro formativo più efficace.
In questi giorni qualche elemento di fermento sociale è però emerso. Mi sembra opportuno esaminare l’atteggiamento degli studenti, che oltre ad essere i beneficiari ultimi di tutto il progetto formativo, con un ruolo di tutto rilievo nell’ambito del piano di formazione, in quanto protagonisti del loro destino all’interno della scuola, hanno diritto di far sentire la loro voce per esprimere fino in fondo le loro esigenze e soprattutto le loro aspettative.
Dall’esame dei loro comportamenti e delle loro prese di posizione si ricava un dato: gli studenti non solo ritengono che le risorse economiche messe a disposizione dell’ Italia dallUnione Europea in conseguenza della pandemia devono essere anche destinati alla riforma dell’istruzione, ma esigono anche di avere voce in capitolo per partecipare alla costruzione dell’ipotesi progettuale della revisione del sistema scolastico, che ha la necessità di essere rivisto da un punto di vista dei contenuti e da un punto di vista delle strutture fisiche da utilizzare per l’attuazione della didattica.
Del resto una prova di questa volontà studentesca si è riscontrata in questi giorni. I rappresentanti dei giovani si sono trovati in un sit-in sotto il palazzo del Ministero dell’Istruzione a Roma in viale Trastevere. Con puntuali cartelle e con le mascherine sul viso, nel rispetto delle dovute distanze, hanno vistosamente fatto sentire la loro voce. Sulle gradinate del ministero, dopo essersi messi in ginocchio, come sono costretti a fare in alcune classi gli studenti per scrivere, data la mancanza di sedie e banchi, hanno urlato che i soldi dell’ Unione Europea per la ripresa economica-sociale post coronavirus dello Stato devono anche essere destinati, ovviamente in quota parte, anche e prioritariamente all’istruzione per realizzare il nuovo, tanto auspicato, modello di scuola.
È un segnale che non va assolutamente sottovalutato, perché il governo non deve dimenticare che i giovani hanno una sensibilità e una forza di convincimento dell’opinione pubblica tutta particolare e spesso, come si ricava dall’esame delle vicende storiche, sono portatori di istanze, che possono generare proteste di massa e movimenti idonei a cambiare, a volte anche in modo violento, la realtà sociale.
La storia del resto qualcosa potrebbe insegnare. Basti pensare, per guardare in casa nostra, ai movimenti del sessantotto e alle conseguenze che da questi eventi studenteschi sono derivati. La situazione non è pertanto da sottovalutare, perché anche gli studenti hanno della scuola attuale una valutazione pesantemente negativa, ritenendo l’attuale sistema veramente in ginocchio. Deve quindi essere data loro attenzione e soprattutto fiducia e responsabilità.
In altre parole è questo il momento opportuno per il loro ascolto da parte della classe politica: ascoltare significa da un lato capire le loro aspettative e dall’altro metterli nella condizione di dover dimostrare la validità delle loro proposte. È quindi l’attuale una situazione fluida, che, se non viene presa nella dovuta considerazione, può diventare esplosiva.
L’Italia non ha bisogno di questa esplosione, perché alla fine non ci saranno né vincitori né vinti. Sarà una catastrofe globale.
Prof. Franco Peretti