Il tema della raccolta differenziata dei rifiuti è tanto attuale quanto delicato. Si tratta di un’attività che vede la partecipazione necessaria e complementare del soggetto privato, che deve dimostrarsi virtuoso nello stoccare, separare e conferire i rifiuti con costanza e raziocinio, e dell’ente pubblico che deve mettere a disposizione del cittadino e dell’imprenditore un puntuale servizio di raccolta caratterizzato da metodo e organizzazione e che sia periodico e continuato nel tempo.
A ciò si aggiungano la necessità e l’onere, sempre in capo all’ente pubblico di riferimento, di predisporre, mantenere e implementare le infrastrutture e i processi per il conferimento, il deposito, il trattamento e lo smaltimento ed il recupero di tutto quanto raccolto.
Pensate che già all’alba dell’epoca rinascimentale, e precisamente siamo nell’anno 1430, nella Palermo aragonese erano state pubblicate alcune ordinanze aventi oggetto l’obbligo di mantenere la pulizia dei luoghi pubblici e privati che imponevano ai commercianti di mantenere in ordine e mondi gli ingressi e gli spazi antistanti alle rispettive botteghe.
Fu invece Ferdinando II di Borbone a dare vita alla prima normativa sulla raccolta differenziata dei rifiuti: questa volta siamo a Napoli, nell’anno 1832, e un decreto controfirmato dal Prefetto della città dispone che “i possessori, o fittuarj di case, di botteghe, di giardini, di cortili, e di posti fissi, o volanti, avranno l’obbligo di far ispazzare la estensione di strada corrispondente al davanti della rispettiva abitazione, bottega, cortile, e per lo sporto non minore di palmi dieci di stanza dal muro, o dal posto rispettivo e che questo spazzamento dovrà essere eseguito in ciascuna mattina prima dello spuntar del sole, usando l’avvertenza di ammonticchiarsi le immondezze al lato delle rispettive abitazioni, e di separarne tutt’i frantumi di cristallo, o di vetro che si troveranno, riponendoli in un cumulo a parte”.
Con il medesimo provvedimento viene altresì introdotto il divieto “di gettare dai balconi materiali di qualsiasi natura”. È noto come la città avesse pure realizzato un proprio primitivo centro di riferimento presso alcuni locali a Santa Maria in Portico dove “per comodo pubblico trovasi tutto ciò che necessita”. A ben vedere, un vero antenato dell’attuale sistema.
La legge n. 366 del 20 marzo 1941 ha disciplinato per la prima volta nell’Italia unita l’attività di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Si tratta di un impianto normativo istituito per evitare la diffusione di malattie infettive e prevenire che nei centri urbani vi fossero quartieri maleodoranti a causa dei materiali organici abbandonati. In breve, più una tutela verso la salute dei cittadini che verso l’ambiente.
Il periodo del boom economico post bellico è stato però causa di un notevole peggioramento delle condizioni, in quanto caratterizzato dal consumismo e dall’impiego scellerato di molte materie plastiche.
Nel corso degli anni le normative comunitarie e nazionali si sono susseguite e articolate nel tentativo di trovare la giusta soluzione ad un problema che, man mano, si stava dimostrando essere diffuso su scala internazionale e che stava portando l’essere umano a condurre una battaglia tutt’altro che semplice da affrontare.
Tra gli interventi più rilevanti vi è il D.P.R. 915/82 (in attuazione della Direttiva CE n. 442/75), ha introdotto l’obbligo di riciclo, riutilizzo e recupero dei rifiuti. La Legge n. 475 del 1988 ha invece istituito la figura dei consorzi, soggetti chiamati a gestire l’attività di raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, con precisi compiti legati al riciclo, e ha imposto l’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani.
Hanno quindi visto la luce il Decreto Ronchi (D. Lgs. n. 22/97) e il Testo Unico sull’Ambiente (D. Lgs. n. 152/2006) il cui art. 205, comma VI quater, (recentemente modificato dal D. Lgs. n. 116/2020, in vigore dall’1 gennaio 2022) ha imposto ai Comuni l’obbligo di organizzare la raccolta differenziata per diversi materiali tra cui la carta, i metalli, la plastica, il vetro, il legno, i prodotti tessili, i rifiuti organici, gli imballaggi, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, i rifiuti di pile e accumulatori, i rifiuti ingombranti ivi compresi materassi e mobili.
Differenziare una tipologia di rifiuto significa che ogni singolo pezzo di quel materiale viene separato e raccolto insieme agli altri rifiuti della stessa natura: vetro con vetro, alluminio con alluminio, carta con carta, plastica con plastica, e così via, consentendo un razionale e più conveniente trattamento (anche sotto un profilo economico).
Ma per quale motivo la raccolta dei rifiuti è così importante per il nostro benessere e per quello del nostro pianeta? Partiamo da un esempio pratico: sappiamo tutti che con la raccolta differenziata un rifiuto viene raccolto separatamente dagli altri, quindi viene smistato e stoccato in un centro autorizzato per il suo recupero o per la distruzione.
Pensiamo alla carta (uno dei primi esempi di materiale riutilizzato) che viene sminuzzata, sbiancata e ripulita degli inchiostri utilizzati in precedenza, ridotta in poltiglia e reidratata per poi essere nuovamente lavorata sino a darle nuova vita. Grazie a questo processo da un rifiuto nasce nuovamente un bene e ciò, ed è fondamentale questo aspetto, senza dover ricercare ancora la materia prima per la sua produzione.
Nel caso esaminato del riciclo della carta il primo beneficio è evidentemente legato alla deforestazione: la diminuzione dell’abbattimento degli alberi, che costituiscono fonte primaria di cellulosa, garantisce agli ecosistemi un maggiore apporto di ossigeno, una maggiore pulizia dell’aria grazie alle capacità naturali delle piante di assorbire l’anidride carbonica, l’ozono e gli ossidi e un’importante alleanza per la lotta ai cambiamenti climatici e al riscaldamento globale.
Non dimentichiamo che nel caso in cui un bene venga riciclato non avremo più bisogno di doverlo smaltire; eviteremo così di sostenerne i relativi costi e scongiureremo la possibilità di inquinare inutilmente il suolo, l’aria e le falde.
Va da sé che il concetto di riutilizzo di un bene è legato fortemente al sistema di economia circolare che ci consente di prolungare il ciclo vitale di un prodotto senza doverlo per forza ricreare da zero.
Pensate a come sarebbe vantaggioso poter riutilizzare la plastica (di cui ormai il nostro pianeta è purtroppo pieno) senza doverne produrre di nuova, oppure il vetro (che se disperso diventa anche pericoloso in caso di sua rottura) o infine gli scarti organici che provengono dalle nostre cucine e che possono diventare un prezioso fertilizzante o essere trasformati in biomassa, materiale che sta alla base della produzione di energia pulita.
È evidente come ad avere un guadagno da tutto ciò, prima di tutti, è proprio l’essere umano che vivendo in un contesto più pulito ottiene un grande beneficio in termini di salute e qualità della vita.
Possiamo affermare, dati alla mano, che l’Italia si sta comportando piuttosto in termini di impegno alla raccolta differenziata dei rifiuti ma non si può comunque negare che gli obiettivi vengono raggiunti a singhiozzo e che alcune aree del nostro Paese si dimostrano più virtuose.
A mio parere servono una maggiore determinazione e maggiori sforzi di sensibilizzazione verso i problemi ecologici, senza dimenticare come l’educazione ambientale, che è anzitutto civica, deve essere coltivata sin da subito in famiglia e nelle nostre scuole.
Il futuro è in mano ai nostri giovani.
Stefano Fioramonti
Avvocato – Giurista Ambientale