TOKYO. Non soltanto l’Italia ed altri Paesi industrializzati dell’Europa hanno problemi di nascite. Le statistiche ci dicono che anche il Giappone prosegue nel suo processo di denatalizzazione. Il 2018 è stato infatti il 38° anno consecutivo in cui la popolazione dei bambini nel Paese del sol levante è calata, facendo registrare il livello più basso da quando sono iniziate le statistiche, ossia nel nel 1950.
In base a quanto riferisce l’ultima indagine governativa, l’anno passato il numero delle persone sotto i 15 anni di età si assestano a 15,2 milioni, in calo di 180 mila unità rispetto all’anno precedente. I dati sono stati pubblicati in coincidenza della festività nazionale della giovane età, che sarà celebrata il 6 maggio. Il tasso di natalità in Giappone rimane storicamente basso anche a causa della mancanza di un adeguato supporto da parte del governo per le giovani mamme e le famiglie di giovani genitori, che si devono confrontare con lunghi orari lavorativi ed elevati costi delle spese di istruzione.
Oggi la percentuale di bambini in Giappone rappresenta il 12,1% della popolazione (nel 2014 era il 12,4%); seguono la Corea del Sud, con il 12,9%, e Italia e Germania, alla pari con il 13,4%.
In lieve controtendenza con il resto del Paese, la prefettura di Tokyo è l’unica a registrare, anno dopo anno, un aumento della popolazione giovane. L’invecchiamento della società è infatti un problema che si acuisce nelle regioni rurali. Un rapporto di qualche anno fa messo a punto da esperti governativi sulla demografia in Giappone mostrava che, entro il 2040, il calo della popolazione potrebbe costringere più di 890 comunità rurali all’eclissi.