ROMA. “La vestaglietta che Sofia Loren indossava nel film La Ciociara nella drammatica scena della violenza, era stata realizzata dalla LCF, Le confezioni di Ferrone, mio padre. Quella vestaglietta che era stata pagata poche centinaia di lire dal costumista di Vittorio De Sica, mi ha ispirato tutta la vita. I miei primi abitini da donna erano così: modelli facili, femminili, di jersey stampato a disegni floreali, molto sensuali. Quelli che piacciono tanto anche ad Antonella Clerici, mia grande amica ed estimatrice, che ha indossato tanti miei capi in tv. Se lei dovesse tornare ai fornelli mi ha detto che mi chiamerebbe anche a cucinare.
Io sono molto bravo a cucinare il pesce. Sono imbattibile. Comunque la ‘vestaglietta’ mi ha portato fortuna ed è il capo simbolo della mia moda”. Parola di Sandro Ferrone, 83 anni, cavaliere del lavoro da 20 anni, fondatore e patron del marchio romano partito come centro di abbigliamento all’ingrosso in via Turati a Roma, fino ad arrivare ad un fatturato 40 milioni di euro nel 2018, attraverso un retail di 110 negozi monomarca in Italia e all’estero, e una produzione di circa 1000 capi l’anno, divisi in due gradi collezioni una per la primavera/estate e l’altra per l’autunno/inverno e flash di 3-4 capi ogni 15 giorni. “L’azienda di famiglia – racconta l’imprenditore – lavorava con i negozianti vendendo all’ingrosso. Eravamo sempre più forti. Così la srl è stata trasformata in società per azioni. Infine 30 anni fa è nato il marchio Sandro Ferrone. Era il 1989 quando ho aperto in via Nazionale la prima boutique con il mio nome. In vetrina c’era una collezione di abiti tutta arancione. Per celebrare questo trentennale ho voluto riproporre una capsule in quel colore, che non è mandarino, corallo come vuole Pantone. E’ proprio arancione. Una tonalità solare, estiva, che io suggerisco alle donne in un momento come questo che tutto sembra andare male. Guardo in giro e vedo solo ragazze e signore vestite di nero, di colori scuri, cupi. Basta. Torniamo a sorridere, la depressione si combatte anche cominciando a colorare il proprio guardaroba”. “Ho deciso io per fare una collezione celebrativa tutta in questo colore in ricordo della mia prima vetrina del 1989, sfidando tutto il il mio team di designer. Per carità sono bravissimi, mia moglie per prima perché è una donna di un’eleganza innata, un gusto raffinatissimo, un grande portamento. Ma quello che decide quali e quanti capi realizzare sono io. Come dicono gli esperti sono ‘l’uomo-prodotto'”.
La capsule collection arancione è in edizione limitata e si compone di abiti lunghi o sotto al ginocchio realizzati in tessuti plissé o multi velo, tinta unita, stampati con micro pois o in fantasie floreali. Il tailleur ha la giacca avvitata in shantung e i pantaloni a sigaretta. “Il fatturato 2018 è leggermente diminuito, un 3% – rivela infine Ferrone – ma in un momento storico in cui i negozi chiudono o registrano drammatici cali nelle proprie vendite – spiega Sandro Ferrone – è importante dare un segnale di resistenza a questa economia e a questa città cui siamo profondamente legati. Affrontiamo quotidianamente una battaglia perché il nostro prodotto rappresenti la qualità e l’eccellenza del made in Italy, non senza difficoltà, in un mondo fatto di grandi catene distributive il nostro brand si distingue per eleganza e unicità e poi fatto tutto in Italia, tra Carpi e il Lazio”. “Adoro le donne e mi piace vestirle sottolineando la loro femminilità. E’ per questo che ho sempre scelto come testimonial per le mie campagne, attrici bellissime come Manuela Arcuri, Sabrina Ferilli, Claudia Gerini ed Elena Santarelli”.