Il 14 ottobre 1980 la città di Torino si svegliò con un’invasione di 40mila persone in corteo nelle vie del centro. Erano i colletti bianchi e le tute blu, impiegati, quadri, ma anche operai della Fiat che sfilavano contro i picchettaggi che da 35 giorni impedivano di entrare in fabbrica. Ciò che caratterizzò quella marcia, nota come “La marcia dei quarantamila”, oltre al numero di partecipanti, fu la straordinaria capacità di organizzarla in una sola notte, con un giro di telefonate, e senza far trapelare nulla, lasciando il sindacato a bocca aperta. Da tempo, infatti, si era creato un braccio di ferro tra il sindacato e la Fiat, e, dopo scioperi interni in cui avvenivano anche minacce fisiche, si era deciso di picchettare, bloccando l’accesso all’azienda torinese.
La manifestazione, che divenne il simbolo della frattura tra i colletti bianchi e chi lavorava alla catena di montaggio, le tute blu, spinse il sindacato a chiudere la vertenza con un accordo favorevole alla Fiat, portando, inoltre, a un radicale cambio di relazioni tra grandi aziende e sindacati in Italia. Allo scopo di comprendere le motivazioni della marcia, bisogna ricordare che non era la prima volta che la Fiat metteva in cassa integrazione migliaia di dipendenti, soprattutto operai, e, quando capitò nuovamente il 5 settembre 1980, la reazione, dopo difficili trattative, sfociò nello sciopero con decorrenza immediata, cui fecero seguito il blocco dei cancelli di Mirafiori e il picchettaggio davanti agli accessi.
Il clou della protesta si verificò il 26 settembre di quell’anno, quando Enrico Berlinguer, a Torino per un comizio, espresse agli scioperanti il pieno appoggio del Partito Comunista Italiano e l’impegno a costringere il governo a dichiarare quale fosse la sua posizione in merito. Ciò che accadde il giorno dopo fu la sospensione, da parte della Fiat, delle procedure di licenziamento, e l’accordo con i sindacati per la messa in cassa integrazione di 24mila dipendenti, più l’uscita dal lavoro degli anziani tramite i prepensionamenti. Furono oltre 22mila gli operai di tutte le fabbriche del Paese che ricevettero gli avvisi di cassa integrazione ordinaria a zero ore fino al 31 dicembre, e, il conseguente picchettaggio a Mirafiori portò anche alla morte sul posto per infarto di un caporeparto di 48 anni, Vincenzo Bonsignore. Alla fine Fiat ritirò i licenziamenti, mantenendo però la cassa integrazione a zero ore per gli operai.
Simona Cocola