Elnaz Rekabi, la scalatrice iraniana che gareggiato senza l’hijab ai Campionati asiatici in Corea del Sud, è rientrata alle 5 di questa mattina in Iran ed è stata accolta come un’eroina da una folla in visibilio all’aeroporto di Teheran. Della climber professionista si erano perse le tracce dopo la competizione continentale e si vociferava che la scomparsa fosse una ritorsione del governo iraniano per non aver indossato il velo obbligatorio.
Ieri la 33enne era nuovamente ricomparsa attraverso un post social nel quale ha affermato che l’hijab le era caduto “accidentalmente“ prima della gara a causa della concitazione del momento. Si era poi scusata per “aver fatto preoccupare tutti” e aveva preannunciato che stava tornando a Teheran, come da programma, con le sue compagne di squadra.
All’alba di Teheran è arrivata all’aeroporto con indosso una giacca nera con cappuccio e un cappellino da baseball: è stata accolta dai parenti prima di parlare con i media. “A causa della situazione durante la finale della competizione e del fatto che sono stato chiamata per gareggiare quando non me l’aspettavo – ha dichiarato ai cronisti presenti – mi sono ritrovata impigliata nella mia attrezzatura tecnica. Per questo non ho fatto attenzione al velo che avrei dovuto indossare“.
Elnaz ha poi evidenziato di essere “tornata in Iran in pace, in perfetta salute e secondo il programma previsto. Mi scuso con il popolo iraniano per le tensioni che si sono create“, aggiungendo quindi che non aveva “alcuna intenzione di abbandonare la Nazionale“.
Ma c’è una notizia che da ieri circola online e che sembrerebbe smentire le parole distensive della scalatrice iraniane. Secondo il sito di informazioni di giornalisti dissidenti IranWire, che aveva riportato fonti anonime, la 33enne dopo la gara sarebbe stata ingannata dal capo della Federazione di arrampicata iraniana che l’avrebbe condotta nell’ambasciata di Teheran a Seul, su istruzioni del presidente del Comitato olimpico iraniano Mohammad Khosravivafa. Che a sua volta avrebbe ricevuto l’ordini dalle Guardie della Rivoluzione. Tutto ciò perché al contrario di ciò che è stato dichiarato in seguito, l’atleta avrebbe scelto consapevolmente di gareggiare senza il velo.