“Arrivederci Roma, Good bye, au revoir. Si rivede a spasso in carozzella e ripenza a quella ciumachella ch’era tanto bella e che gli ha detto sempre no”. Così cantava Renato Rascel, nato a Torino il 27 aprile di 107 anni fa durante una tournée della compagnia di cui fanno parte i genitori, cantante di operetta lui, e ballerina classica lei. Il piccolo cresce e vive a Roma, dove, a dieci anni incontra la musica, entrando come soprano nel coro delle voci bianche della Cappella Sistina. Da questo momento conoscerà il palcoscenico anche in teatro.
Negli anni a seguire s’inventa un repertorio assurdo fatto d’invenzioni linguistiche a doppio senso e un candore fanciullesco, e diventa un personaggio anticonformista, segnando un distacco dalla comicità di avanspettacolo. La macchietta del piccoletto mite e stralunato passerà dall’avanspettacolo alla rivista, dalla commedia musicale, all’intrattenimento televisivo e radiofonico. Nel 1950 Garinei e Giovannini lo chiamano a recitare nella compagnia di Wanda Osiris, e anche il cinema lo invita a rivisitare i suoi sketch in questo ambito.
Il 1952 lo fa diventare interprete a tutti gli effetti: Alberto Lattuada lo chiama per il film “Il cappotto“, per cui conquisterà il Nastro d’argento. Lavorerà poi con i più grandi del tempo, come Cesare Zavattini, Eduardo De Filippo, Franco Zeffirelli, Achille Campanile e Vittorio De Sica. Vincerà anche un Festival di Sanremo col brano “Romantica”. Tra gli altri reciterà nel ruolo di Padre Brown in una fortunata serie televisiva, vestirà per Zeffirelli i panni del cieco nato nel “Gesù di Nazareth“, e terrà per Strehler un ciclo di lezioni sulla scrittura drammaturgica alla scuola del Piccolo di Milano. Morirà nel 1991, dopo una lunga malattia che lo porterà a una graduale perdita di coscienza.