La sera dell’8 settembre, in un famoso comunicato alla radio, il generale Badoglio rese noto l’armistizio firmato in gran segreto con le forze alleate qualche giorno prima. A nulla valse la richiesta in extremis di un rinvio rivolta direttamente al presidente americano F. D. Roosevelt: a poche ore dallo sbarco di Salerno, la notizia era già stata resa pubblica dagli Alleati. Nella memoria collettiva l’8 settembre è divenuto uno dei momenti più tragici della storia nazionale. All’annuncio seguì la precipitosa ritirata notturna da Roma di Re, governo e comando supremo.
In realtà di fuga non si tratta: restare a Roma per la famiglia reale e lo Stato Maggiore vorrebbe solo dire finire in mano ai tedeschi ed essere inviati in qualche campo di concentramento. Meglio raggiungere il Sud ed organizzare militarmente le truppe rimaste per riprendere a combattere.
L’unica direttiva alle forze armate furono le oscure parole lette da Badoglio alla radio, con l’unica preoccupazione di non cadere in mani tedesche. Soltanto alle 0:50, in seguito a valanghe di richieste di istruzioni, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Roatta fa trasmettere il fonogramma “Ad atti di forza reagire con atti di forza” questi a fare da eco ai due comunicati contradittori di Badoglio, il primo “La guerra continua a fianco dell’alleato germanico” ed il secondo trasmesso non molto dopo con la notizia della firma dell’armistizio con gli alleati (ex nemici) con l’invito di “rispondere agli attacchi da qualsiasi altra parte provengano“.
Scatta su tutto il territorio italiano, in Francia, in Croazia, in Grecia e Jugoslavia il piano tedesco per il disarmo delle truppe italiane. Si tratta di 1.090.000 uomini dislocati in Italia e di 900.000 dislocati nei Paesi occupati. Un esercito numericamente notevole ma male equipaggiato e con armamento inadeguato alle esigenze del momento.
La notizia dell’armistizio è pubblicata dai giornali italiani (9 settembre 1943). La famiglia reale e i generali, in fuga, raggiungono Pescara e si imbarcano sul “Baionetta” per raggiungere Brindisi; Roma è abbandonata, e nessuno ne ha organizzato la difesa. L’unico che si impegna in tal senso, è il generale Caviglia, storico rivale di Badoglio.
Nasce il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN): gli antifascisti cercano di coprire il vuoto di potere. Iniziano ad organizzarsi le prime formazioni partigiane che daranno vita a forme di Resistenza armata e civile per i restanti venti mesi di guerra.
Nel nord Italia a Salò si forma la Repubblica Sociale Italiana fortemente voluta dai fascisti irriducibili sotto il motto per “l’Onore d’Italia” ed in risposta al tradimento dello Stato Maggiore, di Casa Savoia e di mestieranti della politica che dopo avere avuto larghe prebende e carriere dal regime ora si erano dileguati. La RSI è auspicata anche strategicamente dai nazisti di Hitler per meglio poter operare sul territorio italiano e mantenere, almeno al Nord caposaldi strategici come le linee Gustav e Sigfrido. Roma è dichiarata “Città aperta” e l’ Italia è di fatto tagliata in due.
Mussolini intanto, liberato con un colpo di mano di parà ed SS tedesche viene liberato dalla prigione del Gran Sasso e raggiunge Monaco. Incontrato Hitler sino all’epilogo del 1945 resterà a giuda della Repubblica Sociale che vedrà via via ridurre il suo territorio e la sua presenza militare schiacciata dall’esercito alleato, dalle formazioni partigiane e dall’Esercito Monarchico rifondato che combatterà a fianco degli anglo-americani risalendo la penisola.
Un anno dopo, il settembre del 1944, Re Vittorio Emanuele III° rivolgerà questo messaggio agli italiani ” Il popolo italiano sa che sono stato sempre al suo fianco nelle ore gravi e nelle ore liete. Sa che otto mesi or sono ho posto fine al regime fascista e ho portato l’Italia, nonostante ogni pericolo e rischio, a fianco delle Nazioni Unite, nella lotta di liberazione contro il nazismo. L’Esercito, la Marina, l’Aviazione, rispondendo al mio appello, si battono intrepidamente da otto mesi contro il nemico fianco a fianco con le truppe alleate. Il nostro contributo alla vittoria è, e sarà, progressivamente più grande. Verrà il giorno in cui, guarite le nostre profonde ferite, riprenderemo il nostro posto, da popolo libero accanto a nazioni libere. Ponendo in atto quanto ho già comunicato alle autorità alleate e al mio governo, ho deciso di ritirarmi dilla vita pubblica nominando Luogotenente Generale mio figlio Principe di Piemonte. Tale nomina diventerà effettiva, mediante il passaggio materiale dei poteri, lo stesso giorno in cui le truppe alleate entreranno in Roma. Questa mia decisione, che ho ferma fiducia faciliterà l’unità nazionale, è definitiva e irrevocabile”.
Due anni di sangue tradimenti e battaglie. Due anni drammatici come solo una guerra civile sa essere.
Norbert Ciuccariello