Il satellite artificiale Ixpe è stato lanciato nello spazio. La sua missione è di analizzare i fenomeni dello spazio lontano. Il progetto nasce dalla collaborazione tra NASA (North America Space Agency) e ASI (Agenzia Spaziale Italiana).
Questa missione ha ormai quasi 5 anni di vita. Ixpe (Imaging X-ray Polarimetry Explorer) prende il via nel gennaio 2017 dal programma statunitense Smex (Small Explorer). Il budget totale è di 180 milioni di euro. L’Italia ha fornito il suo contributo erogando 20 milioni e fornendo un’ampia base di tecnologia e scienza applicata.
Il Gpd (Global Pixel Detector), strumento fondamentale per la missione, proviene infatti dall’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). Questo ente ha provveduto alla sua realizzazione dopo averlo ideato insieme all’Inaf (Istituto Nazionale di Astrofisica) ed all’ASI. L’Inaf coordina il lato scientifico del progetto, insieme con l’Università di Roma Tre.
Più nel dettaglio della missione, NASA ed ASI vogliono scrutare tutti gli aspetti ancora in gran parte misteriosi della volta celeste. L’universo, immenso e quasi sconfinato, presenta una lunga serie di fenomeni anche violenti che sfuggono, almeno finora, alla comprensione umana.
Tra i fenomeni da studiare ci sono degli enormi buchi neri, i supermassicci, e lo scoppio di supernove. Ciò costituisce il ciclo finale di un discreto numero di stelle, di questa ed altre galassie. Ixpe vuole utilizzare degli strumenti più potenti di quelli adoperati negli ultimi decenni.
I telescopi a raggi X di mezzo secolo fa, nonostante gli immensi contributi e le scoperte arrivate, non bastano infatti più per portare la conoscenza spaziale ad un nuovo livello. Servono dunque nuovi mezzi adeguati, più efficienti anche di cento volte, ossia quelli della presente missione.
Non a caso sono stati montati a bordo dell’osservatorio sul satellite tre nuovi telescopi, di progetto e tecnica esclusivamente italiana. Il loro scopo è di carpire come funzionano i raggi X in ogni loro minimo aspetto e sfaccettatura.
L’ASI ha inoltre contributo a questa missione fornendo il proprio centro spaziale Luigi Broglio sito a oltre 30 chilometri a nord di Malindi, in Kenya. Broglio (1911-2001), nato a Mestre ma originario di Borgofranco d’Ivrea nel torinese, è il padre dell’astronautica italiana, nonché gestore del centro per decenni.
I dati saranno recepiti in questo centro italiano in Africa, con il supporto di Leonardo-Thales (Telespazio) e dello Ssdc (Space Science Data Center) per la loro analisi.