Nel 2021 i pensionati con redditi da pensione inferiori a 1.000 euro al mese sono stati il il 32% del totale, pari a circa 5 milioni 120mila persone, e il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese, considerando anche i part-time. Tutto questo mentre l’l’% dei lavoratori meglio retribuiti ha visto un ulteriore aumento di un punto percentuale della loro quota sulla massa retributiva complessiva.
Questi sono alcuni dei dati più rilevanti presentati dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, nel corso della presentazione del XXI Rapporto annuale dell’ente previdenziale che si è svolto presso la Sala della Regima di Montecitorio. Nel report l’Inps si evidenzia però che la percentuale di pensionati con reddito inferiore a 12.000 euro sale al 40% se si considerano solo gli importi delle prestazioni al lordo dell’imposta sul reddito personale.
In totale i pensionati a fine dicembre 2021 erano 16 milioni per un importo lordo complessivo di quasi 312 miliardi (+1,55% sul 2020). Ma nonostante le donne rappresentino il 52% del totale (8,3 milioni a fronte di 7,7 milioni di uomini), percepiscono solamente il 44% dei redditi pensionistici ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini, si legge, “è superiore a quello delle donne del 37%“. Se in media i pensionati percepiscono 1.620 euro al mese le donne hanno 1.374 euro, oltre 500 in meno degli uomini (1.884).
Sono oltre 4,3 milioni i lavoratori che percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora. “Se il quadro occupazionale appare promettente, segnali più preoccupanti vengono dalla dinamica retributiva”, avverte l’Inps, ipotizzando quindi il futuro previdenziale della generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980). L’Istituto calcola che, con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro signore l’ora, un lavoratore potrebbe avere una pensione a 65 anni di circa 750 euro. I più giovani lavorano in media tre anni in più rispetto ai più anziani. “Se il soggetto percepisse 9 euro l’ora per tutta la vita attiva, si stima che l’importo di pensione – si legge nel Rapporto – si aggiri sui 750 euro mensili (a prezzi correnti), un valore superiore al trattamento minimo, pari a 524 euro al mese per il 2022“.
Per quanto riguarda l’aumento dell’inflazione, l’Inps stima che nel 2022, con una crescita dei prezzi che a fine anno potrebbe assestarsi sull’8%, potrebbe pesare sulla spesa per pensioni dell’Inps nel 2023 per 24 miliardi. L’istituto previdenziale spiega inoltre che sulla base dei dati al primo gennaio 2020 (quindi senza calcolare lo shock della pandemia e della guerra) il disavanzo patrimoniale dell’Inps potrebbe arrivare a 92 miliardi nel 2029. “Non esiste un problema di sostenibilità – spiega l’Inps – ma c’è un warning. Ci vuole crescita economica e produttività per un sistema in equilibrio“.
Il presidente Tridico ha poi aggiunto che una strategia che potrebbe rafforzare la sostenibilità del sistema è quella di programmare la regolarizzazione dei nuovi cittadini, ovvero gli stranieri, in maniera tale da coprire quei posti di lavoro che a causa dell’invecchiamento della forza lavoro non riescono ad essere sostituiti dalla popolazione residente.
“La regolarizzazione del 2020 si è dimostrata efficace, – sottolinea Tritico – anche se più nel settore del lavoro domestico che nel settore agricolo. Il problema dell’immigrazione straniera e della sua regolarizzazione può e deve essere inquadrato in Italia anche nella prospettiva di tenuta del sistema previdenziale del Paese“.