“Io mi considero un condannato al giornalismo, perché non avrei saputo fare niente altro”. Questo diceva il giornalista e storico Indro Montanelli, che ha rappresentato il giornalismo italiano, insieme con un altro figura rilevante nel settore, come quella di Enzo Biagi. Nato nel 1909 a Fucecchio, in provincia di Firenze, Montanelli ha dedicato tutta la sua esistenza alla scrittura, lavorando per circa 40 anni per il “Corriere della Sera”, ma passando anche per il “Messaggero”, fondando il “Giornale” e “La Voce”. Numerosi sono stati i premi e i riconoscimenti tributati a Montanelli, e, tra questi, quello di Senatore a vita offertogli dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che il giornalista rifiutò, dicendo: “Non è stato un gesto di esibizionismo, ma un modo concreto per dire quello che penso: il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza”.
La vita di Indro Montanelli è stata sempre segnata dalla depressione, soffrendo probabilmente di un disturbo bipolare. Negli anni il giornalista ha conosciuto la guerra, quando a 26 anni parte volontario per l’Etiopia, facendo ritorno in breve tempo dopo essere stato ferito, ed è stato anche vittima di un attentato da parte delle Brigate Rosse. La sua esistenza è stata, anche, ricca di incontri, tra cui quelli con due personalità agli antipodi: Adolf Hitler e Giovanni Paolo II. “La sera che cenai con il Papa […] cenai praticamente da solo […]. Per la prima volta, nella mia lunga carriera d’inappetente sempre in imbarazzo per ciò che rifiuta, mi sentivo in colpa d’ingordigia. […] Quando ci alzammo da tavola, lui che c’era rimasto seduto quasi due ore a veder noi mangiare, mi accompagnò lungo il corridoio. Ma, passando davanti alla cappella, mi toccò il braccio e con qualche esitazione, come avesse paura di apparirmi indiscreto, mi disse: So che sua madre era una donna molto pia. Vogliamo dire una piccola preghiera per lei?. C’inginocchiammo l’uno accanto all’altro. Ma quando, nel congedarmi, accennai a un inchino, me lo impedì serrandomi il polso in una morsa di ferro, e mi abbracciò accostando due volte la tempia alle mie. Come faceva mio padre, che baci non ne dava”.
Simona Cocola