Civita di Bagnoregio, in provincia di Viterbo, è considerato uno dei borghi più belli d’Italia e ogni anno viene visitato da centinaia di migliaia di persone che arrivano da tutto il mondo per ammirare il suo aspetto fuori dal tempo e l’atmosfera magica che si può percepire passeggiando tra i suoi stretti vicoli.
In cima a un colle, peraltro minacciato da frane e dall’erosione del terreno, per raggiungere il borgo occorre attraversare un ponte lungo 200 metri che dalla collina più vicina porta fino alla porta d’accesso al centro storico. Oggi Civita di Bagnoregio conta una decina di residenti (in base all’ultimo censimento del 2011 erano 16) a causa della condizione di precarietà strutturale che ha svuotato il borgo. E non a caso è stata ribattezzato il paese che muore.
In ogni caso, di recente diverse abitazioni sono state ristrutturare e d’estate ospitano artisti e vacanzieri stranieri e oggi Civita sta vivendo una nuova fase di sviluppo, grazie ai turisti che arrivano ogni anno per ammirarla ma che allo stesso tempo ha reso necessario forme di accesso controllato per non danneggiare il precario equilibrio delle antiche strutture.
Al centro della Valle dei Calanchi, tra le due valli chiamate Fossato del Rio Torbido e Fossato del Rio Chiaro, Civita di Bagnoregio risale a 2500 anni, al tempo degli Etruschi che ne fecero una fiorente città, favorita dalla posizione strategica per il commercio, grazie alla vicinanza con le più importanti vie di comunicazione del tempo.
Del periodo etrusco rimangono molte testimonianze: di particolare suggestione è il cosiddetto “Bucaione”, un profondo tunnel che incide la parte più bassa dell’abitato, e che permette l’accesso, direttamente dal paese, alla Valle dei Calanchi.
Per arrivare in paese è necessario prima passare dal Comune di Bagnoregio per poi arrivare in via Bonaventura Tecchi dove si può lasciare l’auto e proseguire per il lungo ponte che conduce fino al centro dell’antico borgo. Mentre si attraversa il ponte si può ammirare lo spettacolare paesaggio di questa zona dell’alto Lazio, un panorama fatto di valli e calanchi scavati da millenni di erosione dell’acqua, per poi arrivare fino alla Porta Santa Maria (l’unica dalla quale si può accedere al borgo), con due leoni che tengono tra le zampe una testa umana, a ricordo di una rivolta popolare degli abitanti di Civita contro la famiglia orvietana dei Monaldeschi.
L’attuale borgo ha un aspetto che risale alla fine del Medioevo e da allora è rimasto quasi intatto, donando a questo luogo l’aura affascinante di un luogo dove il tempo si è fermato. Rimangono varie case medievali, la chiesa di San Donato, che si affaccia sulla piazza principale e al cui interno è custodito il Santissimo Crocefisso ligneo, Palazzo Alemanni, sede del Museo Geologico e delle Frane, il Palazzo Vescovile, un mulino del XVI secolo, i resti della casa natale di San Bonaventura e la porta di Santa Maria, con due leoni che tengono tra le zampe una testa umana, a ricordo di una rivolta popolare degli abitanti di Civita contro la famiglia orvietana dei Monaldeschi.
Oggi per accedere al centro di Civita i visitatori devono pagare una piccola tassa di entrata che permette all’Amministrazione comunale di compiere i lavori di restauro e stabilizzazione e mantenere visitabile il borgo. In passato Civita aveva ben cinque porte di accesso che, nel corso dei secoli, sono state resi inutilizzabili dal progressivo smottamento e dall’erosione che ha colpito questo luogo. Nel 2005 i calanchi di Civita sono stati proposti come sito di interesse comunitario.
Tra gli eventi principali ricordiamo il presepe vivente che si tiene nel periodo natalizio e il secolare Palio della Tonna (tonda nel dialetto locale) nella prima domenica di giugno e nella seconda di settembre, in cui le contrade di Civita si sfidano a dorso di un asino, sostenuti dal tifo degli abitanti. La prima domenica di giugno vi è la prima festa patronale, detta di Maria SS. Liberatrice. L’ultima settimana di luglio e la prima di agosto si tiene il Tuscia in Jazz Festival con concerti, seminari e jam session. La seconda domenica di settembre si tiene, infine, la seconda festa patronale, detta del Santissimo Crocifisso.
Piero Abrate