Nelle due precedenti riflessioni è stato delineato sia da un punto di vista della definizione, sia da un punto di vista dei soggetti il patto educativo. A questo punto diventa importante individuare gli obiettivi da raggiungere, perché questi obiettivi, che ritengo prioritari, sono indispensabili per una corretta e mirata azione dei soggetti. Del resto, poiché si sa che i protagonisti del patto in base alla loro natura costitutiva hanno diverse finalità, stabilire degli obiettivi che devono essere conosciuti da tutti i soggetti, significa finalizzare meglio il lavoro degli stessi.
La conseguente condivisione produce anche un ulteriore effetto positivo, che merita di essere sottolineato: la creazione rispetto al fine da raggiungere di una vera e propria sinergia, che rende pure più efficace l’azione comune. Ecco allora i principali obiettivi del patto educativo. Si tratta, è bene ribadirlo, non di tutti i principi, ma di quelli essenziali, quelli cioè che non devono assolutamente mancare.
In una società, come l’attuale, che tende a dare importanza a certi idoli, è indispensabile una radicale smitizzazione per ridare alla persona la posizione che si merita. Cerco di approfondire. Se si guarda l’impostazione sociale e politica odierna si nota un dato né marginale, né secondario: l’uomo non viene educato per sviluppare la propria personalità, ma viene educato per essere strumento idoneo alla conservazione della classe dominante.
In altre parole le istituzioni scolastiche, con i loro programmi sono portate ad inculcare valori, che servono a giustificare la presenza ed il comportamento di chi gestisce il potere. Una vera educazione che pone al centro la persona, deve invece favorire l’acquisizione di strumenti, che permettano di capire, valutare e quindi decidere relativamente alle scelte da fare.
Se si fa una attenta e profonda riflessione si scopre che il sistema educativo statale, ad esempio, punta a certe impostazioni che si basano su presupposti dati per acquisiti senza la necessaria dimostrazione. In parole semplici questi presupposti sono postulati e non teoremi.
Un nuovo patto educativo, sviluppato nel sociale e quindi con la presenza non solo degli organismi statali, presuppone invece che, grazie alla pluralità dei soggetti, non esistano più postulati, cioè impostazioni che devono essere accettate senza bisogno di dimostrazione della loro validità, ma esistano solo teoremi, quindi posizioni, la cui validità deve essere verificata.
Quando inoltre si dice che l’educazione è collegata allo sviluppo individuale, si afferma nella sostanza che l’attività educativa non deve essere effettuata per la persona, ma deve essere realizzata con la persona. In questo modo è garantita la partecipazione dell’individuo. Mentre infatti nel primo caso, cioè per la persona, il ruolo della persona è passivo, nel secondo caso, con la persona , la persona diventa soggetto attivo a tutti gli effetti.
Nel mio scritto precedente, che ha suscitato un interessante riscontro, ho sostenuto un’idea di cui sono profondamente convinto: i giovani sono il presente, proiettato nel futuro, di questa comunità. Ora aggiungo un ulteriore approfondimento, non solo il giovane, ma anche il bambino, e di conseguenza l’infanzia, ha dei messaggi da far ascoltare nell’attuazione del patto educativo.
Per essere conseguente a questa duplice tesi allora affermo che un altro importante obiettivo del patto educativo è l’ascolto di coloro che devono essere coinvolti nel processo educativo, in quanto bambini o giovani che siano, lanciano messaggi molto importanti. Non è questa un’affermazione secondaria, perché ormai le conoscenze scientifiche hanno dimostrato che, a prescindere dall’età, ogni persona ha un suo linguaggio, esprime le sue esigenze e, soprattutto, le sue inclinazioni. Chi è chiamato ad operare in un percorso educativo deve sempre avere presente questa realtà.
Se si vuole pertanto costruire un’educazione finalizzata allo sviluppo integrale dell’ individuo, bisogna partire dalle caratteristiche dell’individuo stesso. Solo in questo modo l’educando è collocato al centro dell’attenzione e viene coinvolto nella costruzione di un percorso, anzi del suo percorso, perché voluto anche da lui. Il rispetto di questa procedura evita di formare un individuo funzionale ad altri interessi, compreso, come del resto ho già in precedenza detto, quello di essere suddito ( in senso moderno ovviamente) di un centro di potere.
Può sembrare una esagerazione ma non lo è. Non deve sfuggire a nessuno che spesso i regimi politici, a prescindere dalla loro natura, dedicano molto spazio all’educazione, non avendo però come obiettivo la formazione della persona, ma la conservazione del potere. Un nuovo patto educativo deve allora ascoltare la voce di chi è destinatario del processo educativo, affinché nell’ascolto di queste istanze, possa essere costruito un progetto a misura della persona coinvolta.
Non solo l’infanzia e la gioventù devono essere ascoltati e il loro ascolto rappresenta un obiettivo da raggiungere, ma anche la famiglia deve rientrare negli obiettivi del patto, in quanto ha una serie di valori da trasmettere, per la verità poco conosciuti. L’educazione deve per questo far capire, ecco l’importante fine, il valore della famiglia intesa come primo soggetto del processo educativo.
Per troppo tempo è stato sottovalutato o disconosciuto il suo compito in questo settore. Questo compito va rivalutato e considerato come attività primaria, non completamente delegabile ad altre istituzioni. Valgono a questo proposito quanto ho ampiamente illustrato nel precedente scritto.
Se la persona è collocata al centro del percorso educativo e la famiglia è considerata come istituzione da ricollocare in primo piano per il suo ruolo educativo, vuol dire che è pure necessario rivedere la scala dei valori sociali. Un esame attento della realtà mette in evidenza che l’esatta impostazione non è nella sostanza realizzata. In altre parole non è la persona ad essere considerata e collocata al primo posto.
In effetti al primo posto sta l’economia, che con le sue leggi sempre primeggia, anche perché l’educazione che viene impartita, tende in modo drastico a valorizzarla, ponendola addirittura sull’altare come se fosse un idolo da adorare. Bisogna invece incominciare ad individuare dei percorsi educativi che siano in grado di dimostrare che le leggi economiche non sono i “ dieci comandamenti” e che l’economia non è una divinità , ma è semplice strumento nelle mani dell’uomo, di conseguenza strumento che dall’uomo può essere controllato.
Anche questa visione è la conseguenza di un’educazione sbagliata, funzionale solo ad un sistema, che tende a far prevalere e a giustificare la legge del più forte considerandola diritto naturale.
Un obiettivo che merita di essere collocato in una posizione prioritaria è la cultura dell’ambiente. Mentre nei secoli passati era considerata una realtà della quale l’uomo poteva fare ciò che voleva oggi finalmente una conoscenza diversa della natura porta a risultati diversi. Data la specificità della questione tratterò questo argomento in un apposito scritto.
Prof. Franco Peretti
Esperto di metodologie formative