Il papà di Seid, il ragazzo etiope adottato a sette anni che si è tolto la vita all’inizio di giugno in un primo momento aveva imputato il drammatico gesto alla fragilità psichica del figlio, adesso incolpa anche il razzismo
Seid di origini etiopi, era stato adottato dalla famiglia Visin e viveva a Nocera inferiore da quando aveva 7 anni. Il suo inferno sembrava finito. Lontani i dolori e gli abusi subiti nella sua terra d’origine. Aveva 20 anni ed era tornato a Nocera per proseguire gli studi dopo aver giocato nelle giovanili di Milan e Benevento e aveva diviso la stanza nientemeno con il portierone protagonista della vittoria della Nazionale azzurra a Euro 2020 Gigio Donnarumma. Ma evidentemente non si sentiva un ragazzo fortunato e il quattro giugno si è tolto la vita nella sua abitazione.
Il padre Walter Visin, sebbene Seid un anno prima avesse lasciato una lettera dove scriveva di essere vittima di razzismo, in un primo momento aveva dichiarato all’Ansa «Mio figlio non si è ammazzato perché vittima di razzismo. È sempre stato amato e benvoluto, stamane la chiesa per i suoi funerali era gremita di giovani e famiglie» lasciando intendere che il suicidio fosse ad attribuire ad una forte instabilità emotiva del figlio.
Adesso ci ripensa e in un’intervista al Corriere della Sera ammette che invece il razzismo c’entra eccome ripescando anche frasi innocenti dette da chi voleva bene a Seid, quelle frasi goliardiche che i ragazzi usano per scherzare senza rendersi conto che invece fanno male. Battute tipo «adesso facciamo giocare questo sporco negro».
Walter Visin con la moglie ha ripensato alle parole della lettera che il ragazzo aveva scritto un anno prima della sua morte: «Adesso, ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone».
I coniugi Visin hanno contattato l’associazione “Mamme per la pelle” di Gabriella Nobile e hanno deciso di portare avanti la lotta contro il razzismo perché altri ragazzi dalla pelle scura non debbano vivere quello che ha dovuto vivere Seid disposti anche a leggere quella lettera nelle scuole.
A parte i quotidiani sfottò di chi gli voleva bene, i genitori adesso ripensano anche gli episodi più gravi come quella volta che aveva iniziato a lavorare come barista ma un uomo non aveva voluto essere servito da lui e Seid non era voluto tornare al lavoro.
Quando si recava alla stazione per prendere il treno gli agenti della Polfer si avvicinavano subito per effettuare i controlli tanto che la madre si offriva abitualmente come accompagnatrice per evitare al ragazzo questa umiliazione.
La morte del ragazzo è stata il pretesto per una polemica serrata tra le forze politiche, i partiti di sinistra hanno accusato la destra di aver creato un clima di odio che non può che produrre eventi tragici come il suicidio di giovani come Seid, mentre i secondi hanno rinfacciato ai primi di strumentalizzare un dramma per fini politici. Proprio per non essere al centro di un dibattito nazionale in un momento di estremo dolore, Walter Visin ha negato l’importanza della voce “razzismo” nel suicidio del figlio. Adesso invece ha cambiato rotta e parte proprio dal suo dramma personale per combattere una battaglia universale.