“Ogni notte, quando vado a letto, prego Dio di non farmi risvegliare”. Queste sono le strazianti parole della signora Liliana (nome di fantasia), una 83enne fiorentina che sul blog “Storie di Firenze” ha raccontato la sua storia e sopratutto la situazione che sta vivendo in questo periodo di isolamento obbligato a causa dell’emergenza Coronavirus.
“La mia vita è un inferno. – continua la donna – Ho 83 anni, vivo sola in tre stanze, mio marito è ricoverato in una Rsa, è cieco, sordo, ha l’Alzheimer, non mi riconosce. Non abbiamo figli perché non li abbiamo potuti avere. Non ho nipoti. Vivo in un condominio dove nessuno mi considera, potrei morire e nessuno se ne accorgerebbe”.
Il racconto di una drammatica realtà che è riuscito a far breccia nel cuore di coloro i quali si sono imbattuti in queste parole e che non hanno lasciato indifferenti: a seguito della pubblicazione sulla pagina Facebook di Storie di Firenze, sono arrivate tantissime richieste di aiuto alla signora, soprattutto per tenerle compagnia telefonicamente e per aiutarla nell’acquisto dei beni di prima necessità.
Un’altro passo di questa commovente testimonianza è l’impotenza davanti ad un fenomeno, la pandemia, che è più grande di noi. Inoltre l’età avanzata rende indifesi gli anziani, che in queste condizioni diventano ancora più deboli sia da un punto di vista psicologico che fisico: “Passo tutto il giorno a piangere, le lacrime mi hanno deformato gli occhi e non riesco più a leggere neppure un libro. Impiego il tempo guardando film e telegiornali, cerco soprattutto belle notizie ma ce ne sono poche. A pranzo mangio un panino, la sera una minestra. Non pulisco neppure la casa perché ho male alla schiena. Per fare il letto mi metto in ginocchio, altrimenti non ci riesco. Esco solo per andare a fare la spesa perché i dottori mi dicono che devo sgranchire le gambe, ma potrei cadere, è già successo. Poi torno a casa e mi rimetto sul divano”.
Per aiutare la signora, e molti altri anziani che attualmente si trovano in situazioni simili, il blog “Storie di Firenze” consiglia di rivolgersi ad Auser Volontariato Firenze, che ha segnalato questa storia, e che attraverso il servizio “Parlami di te” (disponibile al numero 055-294324) mette al centro l’importanza dell’ascolto e del racconto. I responsabili del progetto sottolineano che una telefonata può diventare importante perché per quanto non allunghi la vita, per usare la citazione di un famoso spot degli anni ’80 di una famosa compagnia telefonica italiana, porta sollievo e conforto a chiunque si trovi in una situazione di estrema solitudine.
“La retta per il ricovero di mio marito costa 1.780 euro, la sua pensione è di 2.300. Devo vivere con 500 euro al mese e non è facile. Devo fare tutto da sola, nessuno mi aiuta. Soltanto l’Auser mi tiene compagnia con una volontaria che mi telefona tutte le settimane, ma non può portarmi fuori perché rischierei di contagiarmi. Con lei piango al telefono”. In queste affermazioni emerge la disperata situazione economica di Liliana, costretta a vivere con pochi soldi in quanto gran parte della pensione del marito è destinata al canone dove quest’ultimo è ricoverato. Solo la telefonata di un volontario è in grado di tenerle compagnia e di farla sfogare, non a caso afferma di piangere al telefono. Lacrime di liberazione e nello stesso tempo di infinita tristezza.
Proprio per storie come questa Auser ha deciso di lanciare un appello a tutti, soprattutto ai giovani, con la richiesta di avvicinarsi al mondo del volontariato e di mettersi al servizio della comunità con un gesto semplice: quello di tenere compagnia ai più deboli con una semplice telefonata.
Questa confessione a cuore aperto si conclude con il più bel ricordo della donna e i due sogni che vorrebbe realizzare: “Il ricordo più bello della mia vita è il giorno del matrimonio, 57 anni fa, a Venezia, mio marito Riccardo era bellissimo. Adesso ho soltanto due sogni: andare a trovare mio marito nella struttura in cui vive per dargli l’ultimo saluto, ma non mi fanno andare per colpa del Coronavirus. E poi fare due passi, trovare qualcuno che possa accompagnarmi e tenermi compagnia, scambiando qualche parola. E poi basta, poi morire, perché questa non è vita”.
Liliana continua a vivere ancora per tanto tempo perché proprio tu, come tanti altri anziani, rappresentate il nostro patrimonio più importante. Siete la radice di ciò che noi siamo, le nostre origini, l’albero da cui siamo germogliati e a cui attingere per trovare conforto ed esperienza. Patrimonio di saggezza e di memoria, un bene prezioso di cui avere cura sempre.
Carlo Saccomando